Il giorno dopo il Sì del congresso Spd alla Terza grande coalizione, si apre la fase-due della «svolta» sancita dal leader Martin Schulz.

Incassata la riconferma a segretario, in cima alla sua nuova agenda spiccano i 10 punti su cui incardinare il tavolo del negoziato con la cancelliera Angela Merkel: dal limite al lavoro precario alla nuova legge sui migranti; dall’uscita dal carbone fino allo stop al tetto annuo di profughi, “cuore” del patto di governo stipulato tra Cdu e Csu. Valgono più degli «Stati uniti d’Europa nel 2025» immaginati giovedì da Schulz e vengono perfino prima della promessa della Neue Spd in versione «giovane e femminile». Ma continuano a non risolvere la crisi politica nel partito.

Contro il segretario proprio i giovani socialisti dello Jusos, che denunciano il “tradimento” del voto del 24 settembre come della linea politica tenuta per 74 giorni. Ma anche e soprattutto l’influente prima ministra della Renania-Palatinato, Malu Dreyer, rieletta con maggioranza bulgara vice-presidente Spd, che insiste nel preferire il governo di minoranza democristiano.

Comunque, i 600 delegati del congresso nella Fiera di Berlino (che termina oggi) hanno acceso definitivamente la “linea della trattativa” impostata dal presidente federale Frank-Walter Steinmeier e appoggiata dalla maggioranza dei dirigenti ben prima di Schulz. Per lui, giovedì è stato il giorno della verità. Dalle pubbliche scuse per le ultime quattro sconfitte elettorali incassate alla richiesta-preghiera di ulteriore fiducia per trattare la partecipazione al quarto governo Merkel.

DAL PALCO DI BERLINO il segretario Spd ha dovuto giocare a carte scoperte. «Non devi governare a tutti i costi. Ma non devi neppure decidere di non farlo a qualunque prezzo» è la sua spiegazione prima di essere rieletto per altri due anni a capo del partito. Non è più il 100% dei consensi di marzo ma segnala comunque l’appoggio dell’81,9% dei delegati.

Alla loro attenzione Schulz ha snocciolato i contenuti del futuro accordo di programma con Cdu-Csu: «Diritto di ritorno dal part-time al lavoro pieno, limite all’occupazione precaria, uscita dal ciclo del carbone, nuova legge sull’immigrazione, nessun tetto ai profughi in fuga da guerra o persecuzioni, più risorse alla giustizia, aumento di paga per i poliziotti, abitazioni a prezzo calmierato, maggiori fondi sull’integrazione e riequilibrio delle pensioni». È l’atteso orizzonte “di sinistra”: arriva dopo un’ora di discorso sui 150 anni dell’Spd, contro la finanza e a favore dell’Ue versione Stati uniti «da celebrare nel centenario del primo discorso europeista del partito» precisa Schulz.

EPPURE IL “PACCHETTO” del segretario non fa presa sui dissidenti Jusos. Nessuna richiesta di dimissioni anche se «l’umore della base è decisamente dalla nostra parte» riassume il neo-presidente Kevin Kühnert: «Non prendiamo di mira le singole persone. Però ad avere ruotato la posizione di 180 gradi non siamo stati noi ma i nostri dirigenti». Pensano così i 97 delegati che si sono opposti alla conferma di Schulz, buona parte dei 15 astenuti, e la governatrice Dreyer che continua a godere della massima fiducia. Con il 97,5% dei voti è stata eletta vice dell’Spd senza cambiare idea sulla Grande coalizione. Contraria all’alleanza decisa dal congresso, continua a spendersi per il governo monocolore cristiano-democratico. Un messaggio cristallino da parte di una dirigente avvezza a geometrie politiche di ogni tipo (a Magonza governa la coalizione “semaforo” con Verdi e Fdp). «Tollerare dall’opposizione l’esecutivo Cdu-Csu sarebbe la soluzione migliore» ribadisce Dreyer.

L’ESATTO OPPOSTO della capogruppo al Bundestag Andrea Nahles che appoggia Schulz garantendo che non vi saranno concessioni al ribasso con Merkel: «Non verrà regalato niente». O del premier della Bassa Sassonia Stephan Weil che cita Willy Brandt («Prima il Paese») incarnando lui stesso l’emblema della Grosse Koalition in vigore al Parlamento di Hannover da metà novembre. Giusto la governatrice del Mecleburgo-Pomerania Manuela Schwesig, la prima a mettere la faccia sulla sconfitta Spd alle elezioni di settembre, si mantiene prudente: «Aspettiamo di capire, davvero, cosa uscirà dai colloqui con la Cdu».