Arriva con mezzora di ritardo Matteo Renzi a Bologna, città scelta dal segretario Pd per la presentazione nazionale del programma del Partito democratico. Quando sale sul palco dell’Opicifio Golinelli, cittadella scientifica finanziata dal filantropo e ricchissimo imprenditore Marino Golinelli, Renzi si lancia in un’apertura frizzante, come sempre. «In Inghilterra un ministro si è dimesso per un doppio ritardo, per questo noi siamo in orario», dice sorridendo.

Poi arriva l’attacco sui temi caldi del momento: «Salvini e Virginia Raggi vogliono toccare la nostra legge sull’obbligatorietà delle vaccinazioni. Continuare a utilizzare il tema dei vaccini in campagna elettorale è inciviltà e allora facciamo un patto: noi di non parlarne più, loro di smettere di dire castronerie».
Subito dopo tocca ai critici del Jobs act («Si dà la colpa al Jobs act di tutto») ma su questo argomento Renzi preferisce non addentrarsi troppo. Così come non parla di diritti civili e non cita nemmeno di sfuggita lo Ius soli. Spazio invece all’annuncio delle 100 promesse per il futuro che l’ex premier definisce «piccoli passi, impegni realizzabili a partire da risultati che abbiamo già raggiunto».

A rimarcare il concetto lo slogan sulla parete rossa della sala: «Gli altri promettono il paese dei balocchi, noi abbiamo un altro programma», e ancora «100×100 Credibile, sostenibile, realizzabile».

Presente in sala lo stato maggiore del Pd dell’Emilia-Romagna, il ministro della Cultura Dario Franceschini candidato nella sua Ferrara, il modenese Matteo Richetti, l’ex segretaria dello Spi Cgil Carla Cantone, il torinese Piero Fassino, Lucia Annibali. In tutto più di 200 persone, nelle prime file i candidati, poi i posti riservati ai giovani con tanto di foglietto sulle sedie per impedire errori, in fondo gli altri.

Tutti i candidati hanno voglia di stare davanti a microfoni e telecamere, nessuno di parlare di quel che succederà il 5 marzo o della battaglia fratricida che in Emilia vedrà il Pd contendersi i voti con gli ex compagni di Liberi e Uguali. «Non siamo qui per parlare di quel che succederà dopo il voto ma per chiedere il voto agli italiani – dice Fassino – Mi chiedete di Bersani e Errani? I miei avversari non sono a sinistra, sono i 5 Stelle, Berlusconi, Salvini e Meloni».

Renzi al microfono ci sta poco, almeno per i suoi standard. La parola passa velocemente ai candidati in scaletta. A Tommaso Nannicini, responsabile del programma, il quadro d’insieme delle 100 promesse: «Raddoppieremo le risorse dedicate al reddito di inclusione, aumenteremo i soldi per gli anziani, abbasseremo le tasse a lavoratori e imprese, stanzieremo 10 miliardi per le famiglie con i figli, introdurremo un salario minimo universale».

Poi tocca a Sandro Gozi rilanciare il «nostro sogno e obiettivo, gli Stati Uniti d’Europa». Yoram Gutgeld, deputato uscente non ricandidato ma da sempre vicinissimo a Renzi, attacca Matteo Salvini, negli ultimi tempi bersaglio retorico preferito dei democratici. «L’ho incrociato ieri sera in tv e l’ho sentito parlare di lotta agli evasori, ma sentire la destra dire cose del genere è come immaginarsi Salvini con la felpa del Che Guevara». Al microfono anche la settantenne Carla Cantone, che con entusiasmo racconta il perché della sua candidatura a Bologna: «Voglio mettere assieme giovani e nonni e consegnare ai nostri figli un paese democratico».
Infine l’avvocata milanese Lisa Noja, in sedia a rotelle per colpa dell’atrofia muscolare. Tocca a lei raccontare una delle 100 promesse: l’aumento dell’assegno di accompagnamento per i disabili «fino al raddoppio in base alle esigenze della persona».

I fuochi d’artificio ovviamente arrivano nel finale di un incontro che dura un’ora e che viene trasmesso in diretta web e sui social. Renzi si riprende la scena e si lancia nell’elenco delle promesse: un milione di posti di lavoro in più in 5 anni, un Pil in crescita sempre sopra il 2%, disoccupazione sotto al 9% entro il prossimo mandato, disoccupazione giovane abbattuta dal 32% al 20%, rapporto deficit/pil da portare dall’attuale 132% al 100%. «Abbiamo fame di futuro, fate una buona campagna elettorale», dice il segretario Pd ai suoi candidati congedandosi.

Gli elettori over 60 presenti in sala si recano alla reception chiedendo il programma «corposo da 200 pagine» che Renzi ha citato a ripetizione e annunciato in distribuzione all’ingresso. «Mi scusi ma non siamo il Pd», dicono le signorine alle reception. «Ma come, ce l’aveva promesso», borbotta un signore prima di andarsene sotto la pioggia.