Le Olimpiadi invernali di Pyeongchang hanno portato gioie e dolori al premier giapponese Shinzo Abe.

Prima c’è stato il tempo per apparire nei servizi televisivi, congratulandosi con gli atleti giapponesi saliti sul podio, e nei video a uso social media, dove Abe si è vestito da tifoso, con felpa e sciarpa bianco-rossa, i colori del Giappone. Poi, sono arrivati i risultati diplomatici del disgelo coreano iniziato proprio con i giochi e così è arrivata la doccia fredda negli spogliatoi.

L’INCONTRO tra la delegazione della Corea del Sud ed il leader nordcoreano Kim Jong-un in persona, ha aperto alla possibilità non solo di un successivo incontro Nord-Sud a fine aprile, ma anche all’ipotesi più temuta dal governo di Tokyo: un incontro con il presidente statunitense Donald Trump.
Abe ha reiterato la sua linea dura e ha promesso di «continuare ad applicare la massima pressione». Inoltre, ha subito telefonato al presidente americano chiedendo un incontro di persona per i primi di aprile e ha mandato un suo consigliere speciale a Washington. Abe ha anche detto di volere un «approfondito scambio di opinioni» con il capo dei servizi di informazione sudcoreani, che è atteso la settimana prossima a Tokyo.

AL VERTICE DI VANCOUVER dei paesi che appoggiarono la Corea del Sud nella guerra di Corea, tenutosi a gennaio quando l’ipotesi di un ammorbidimento già circolava, il ministro degli esteri giapponese Taro Kono ha insistito sulla necessità di «mettere la Corea del Nord all’angolo» anche di fronte a una «operazione carisma» di Kim. Per lui la linea dura comincia a dare i suoi frutti proprio ora e ha citato i casi sempre più frequenti di trasbordo illegale di petrolio rilevati dalla marina giapponese.
Un altro esempio sarebbero i sempre maggiori ritrovamenti di pescherecci nordcoreani alla deriva nelle acque giapponesi.

LA CRISI nella penisola coreana – che Abe ha definito come la peggiore crisi internazionale del Giappone dopo la fine della seconda guerra mondiale – ha avuto anche dei riflessi interni favorevoli ai progetti dell’amministrazione in carica: la spinta alla rimilitarizzazione nipponica (con il nuovo piano di difesa atteso a fine mese) e la spinta alle elezioni dell’ottobre scorso. Un’altra questione interna che pesa sull’impegno giapponese è la promessa di Abe di risolvere la questione dei giapponesi rapiti dalla Corea del Nord e per la quale Abe ha bisogno di essere presente ad ogni eventuale trattativa.

E proprio questo è il punto per Abe. Se ha ragione il ministro della difesa Onodera in conferenza stampa e c’è un accordo diplomatico che tiene tra Corea del Sud, Usa e Giappone sia sulla visita che sulle azioni da intraprendere nei prossimi mesi, allora Abe vuole interpretare il poliziotto cattivo della coppia, o in questo caso del trio.

Se, invece, è stato spiazzato dall’apertura di Trump, come l’improvvisa telefonata e la richiesta di un incontro faccia a faccia a Washington potrebbero suggerireche Abe, lasciato il posto accanto al podio, sta lottando disperatamente per un posto al tavolo dei negoziati.