Fu con  un’«estradizione illegale» che l’Italia rimpatriò forzosamente Alma Shalabayeva, moglie dell’ex oligarca e dissidente kazako Mukhtar Ablyazov, e sua figlia Alua in Kazakistan, il 31 maggio scorso. Di più: fu «kidnapping». Usa la parola «sequestro», l’avvocato Peter Sahlas, legale della piccola Alua, per definire il provvedimento di espulsione poi effettivamente annullato fuori tempo massimo dal governo italiano quasi un mese e mezzo dopo, il 12 luglio. Shalas, durante la conferenza stampa che la signora Shalabayeva ha tenuto ieri in un hotel di via Veneto appena rientrata a Roma, ha affermato che le due donne «sono state tenute in ostaggio» dalle autorità di Astana per «ottenere l’estradizione di Mukhtar Ablyazov», attualmente detenuto nel carcere di Aix-en-Provence. «Ci hanno rapito e ci hanno lasciate andare sempre a causa di mio marito – ha aggiunto Shalabayeva –: i kazaki sperano così che apparire civili li aiuterà ad ottenere l’estradizione dalla Francia». Sull’intera vicenda, con più inchieste aperte, indaga il pm Eugenio Albamonte, ma è il Movimento 5 Stelle che promette «come opposizione, di capire se l’Eni è coinvolta nella sua espulsione». E chiede, per bocca del deputato Alessandro Di Battista intervenuto in conferenza stampa, «le dimissioni del ministro dell’Interno Alfano».

Ha pianto e ha riso, Alma Shalabayeva, quando è giunta ieri alle 12,15 con un volo da Francoforte all’aeroporto di Fiumicino, dove ha potuto riabbracciare anche gli altri due figli, Madina e Madiyar, arrivati poco prima da Ginevra. Poi via di corsa alla Farnesina, per incontrare Emma Bonino, perché la sua permanenza in Italia «è un riconoscimento alla ministra degli Esteri, persona coraggiosa che mi ha aiutato in questa situazione – ha detto – e al Paese che dopo l’espulsione illegittima si è attivato per il ripristino della legalità». Non sa ancora quale sarà la sua destinazione finale (molto probabilmente raggiungerà sua figlia in Svizzera grazie al visto Shengen di cui è in possesso) e quando lascerà l’Italia, dove ora si sente «al sicuro». Prima però, entro gennaio, sarà interrogata dal pm Albamonte che l’ha iscritta sul registro degli indagati per i documenti falsi presentati al momento del fermo, la notte del blitz nella villa di Casal Palocco. Alma Shalabayeva, emozionata e provata, ieri ha voluto soprattutto esprimere la sua «gioia» di essere di nuovo con la sua famiglia e «il desiderio» di poter incontrare «il prima possibile» suo marito nel carcere francese. Una «felicità» condivisa dalla ministra Bonino: «All’inizio di giugno sembrava davvero impensabile ottenere questo risultato», ha scritto la titolare della Farnesina in una nota raccontando di aver portato al successo l’operazione «anche grazie alla collaborazione fornita dalle autorità kazake nell’ultima fase della vicenda».

Per sette mesi Alma Shalabayeva e sua figlia Alua hanno avuto l’obbligo di dimora ad Almaty: «Ci sentivamo sempre sotto sorveglianza, seguite riprese e fotografate in continuazione: ho temuto molto per la vita dei miei figli», ha raccontato la donna. Solo grazie all’«enorme pressione italiana esercitata dai media indipendenti, dalle istituzioni e dal governo», ha potuto pagare la cauzione impostale offrendo la sua casa di proprietà. Le autorità kazake infatti, secondo quanto riportato dall’avvocata Anna D’Alessandro, uno dei suoi legali italiani, «avevano stabilito un pegno molto più alto». Non è chiaro invece se Shalabayeva sia mai stata interrogata dalle autorità kazake: «Non ci risulta», ha risposto D’Alessandro. «La vicenda comunque non è conclusa», ha aggiunto l’avvocato Shalas secondo il quale il governo kazako ha capito che «non potevano chiedere l’estradizione di Ablyazov tenendo la moglie e la figlia in ostaggio» e perciò ha concesso loro «un visto temporaneo»: Shalabayeva, ha precisato, «è legalmente obbligata a tornare» in Kazakistan. Intanto la Corte d’Appello francese, che dovrà decidere il 9 gennaio prossimo sull’estradizione di Ablyazov, sembra sia orientata a esaudire la richiesta di Mosca. La Russia, infatti, come l’Ucraina, secondo i difensori dell’ex oligarca, avrebbero fatto richiesta di estradizione perché il Kazakistan non è in possesso della convenzione specifica con la Francia. Sahlas accusa anche i diplomatici kazaki a Roma di aver «abusato» del loro status e di avere «ingannato» le autorità italiane. Se questo è lo scenario, la richiesta del legale è più che conseguente: l’ambasciatore kazako a Roma «deve andare via o deve essere mandato via». Oppure, se lo scenario è un altro, la richiesta legittima è quella del Movimento 5 Stelle.