Quello di Alma Shalabayeva e di sua figlia Alua fu un sequestro di persona. Ad affermarlo è Madina Ablyazova, figlia maggiore di Alma e del dissidente kazako Muktar Ablyazov, attualmente detenuto in Francia e in attesa di essere estradato in Ucraina. I legali della donna hanno presentato ieri mattina alla procura di Roma una denuncia contro l’ambasciatore kazako a Roma, due diplomatici e alcuni funzionari del Viminale proprio in relazione all’espulsione avvenuta in fretta e furia il 31 maggio scorso. Il reato di ricettazione, ha spiegato il legale di Madina, l’avvocato Astolfo di Amato, è stato ipotizzato dopo aver confrontato i documenti usati per l’espatrio forzoso di Shalabayeva e della figlia di sei anni: «La foto utilizzata sul documento di quest’ultima appare identica a quella presente sul passaporto della Repubblica Centrafricana» della bambina, inspiegabilmente nella mani delle autorità kazake «dato che la bambina non era mai stata in Kazakistan prima di essere portata via dall’Italia». Il legale ha anche chiesto procuratore capo Giuseppe Pignatone di identificare i funzionari del Viminale e della Questura coinvolti nell’espulsione di madre e figlia.
I diplomatici kazaki denunciati sono l’ambasciatore a Roma Adrian Yelemessov, il consigliere degli affari politici Nurlan Khassen e l’addetto agli affari consolari Yerzhan Yessirkepov.L’identificazione di questi ultima è stata possibile grazie a una fotografia scattata dal pilota dell’aereo noleggiato dall’ambasciata kazaka per riportare in patria Alma Shalabayeva e sua figlia. Foto che mostra i due diplomatici prendere accordi con quelli che sembrano esser funzionari delle nostre forze dell’ordine. «Noi abbiamo la convinzione che siano stati commessi degli abusi e delle omissioni gravi e riteniamo che la procura possa fare chiarezza», ha spiegato l’avvocato di Amato. Il legale ha anche sottolineato la velocità con cui le autorità italiane hanno proceduto all’espulsione, «eccezionale» rispetto alla normale prassi. «La signora è stata espulsa dall’Italia a 66 ore dal momento in cui della sua vicenda si sono occupati gli uffici del ministero e a 24 dalla decisione della prefettura».
Il caso Shalabayeva ha provocato una mezza crisi politica che si è però conclusa con le sole dimissioni di Giuseppe Procaccini, capo di gabinetto di Alfano. Ma la ricostruzione di quanto accaduto fatta in parlamento dallo stesso ministro degli Interni ha messo in luce come a chiedere con insistenza prima l’arresto di Mukhtar Ablyazov – che si riteneva fosse nascosto in una villa di Casal Palocco – e poi l’espulsione della moglie e della figlia del dissidente, furono proprio i funzionari dell’ambasciata kazaka, a partire dall’ambasciatore Yelemessov. Un’espulsione del tutto illegale visto che la donna non solo non si trovava illegalmente in Italia, ma non era neanche inseguita da un mandato di cattura internazionale come invece i diplomatici kazaki hanno fatto credere. Da notare che se anche Alma Shalabayeva fosse stata ricercata, non avrebbe dovuto essere espulsa ma estradata, con i tempi che una simile procedura richiede. Invece prima alla Questura e poi negli stessi uffici del Viminale nessuno ha verificato le affermazioni dei funzionari kazaki che, stando a quanto ammesso dallo stesso Alfano, in quei giorni si muovevano all’interno del ministero come se fossero a casa loro.
Adesso Madina Ablyazova chiede che i tre diplomatici vengano spogliati dall’immunità prevista per il loro ruolo. «Come può l’Italia permettere loro di continuare a godere dell’immunità dopo che hanno abusato pesantemente dei loro privilegi diplomatici?» chiede la donna. E il legale della famiglia ricorda come nel caso Abu Omar, l’Iman di Milano sequestrato nel 2003 dalla Cia, la Cassazione «ha precisato che l’immunità non può esser utilizzata in casi di questo genere, e non può essere opposta in presenza di violazione dei diritti umanitari».