Una messa alla berlina del potere nei due spettacoli congiunti dal Teatro Bellini di Napoli per questa produzione che fa loro condividere lo spazio scenografico creato da Francesco Esposito. Chiamati al compito di una riscrittura shakespeariana Michele Santeramo, che rimaneggia la violenza del Tito Andronico in chiave privata, e Fabrizio Sinisi che invece sceglie la dimensione pubblica per riflettere sul tema dell’uccisione del tiranno, con Giulio Cesare. Ne consegue un Tito, diretto da Gabriele Russo – ideatore dell’intero progetto, «Glob(e)al Shakespeare» -, svuotato dal tono elegiaco e ricollocato nel dolore di un contesto familiare, dove il generale romano torna stanco dei doveri bellici e finanche di quelli paterni, desideroso solo di normalità e di riposo, con un Fabrizio Ferracane bravissimo a giocare questa apatia dei sentimenti, anche nei momenti più cruenti della vendetta. Per Sinisi, diretto da Andrea De Rosa, il piano del discorso è, al contrario, aulico e serioso, nel filosofeggiare dei tre assassini, per giungere a concludere che la morte del tiranno non donerà a Roma la sua antica democrazia.