Si raccolgono malumori. Si interpretano segnali. Si cercano col lanternino messaggi nella bottiglia gettati in rete, alla ricerca di possibili indizi di dissenso tra i grillini. Ma il dato di fatto impressionante è incontrovertibile: in tutta italia c’è soltanto un eletto del Movimento 5 Stelle che ha deciso di schierarsi nettamente contro l’accordo con la Lega. Comunque andranno le trattative, il suo nome merita di essere ricordato.

Si chiama Nicola Sguera, ha 51 anni ed è consigliere comunale a Benevento. Le sue dimissioni non sono state ancora formalizzate perché, spiega, questo avverrà solo «al momento in cui nascerà il governo». Giorni fa ha scritto una lettera aperta a Beppe Grillo per manifestare il suo sgomento. «Oggi pensavo a Dario Fo che, come me, si parva licet, è approdato al M5S venendo da altre storie, e ho ricordato quello che diceva della Lega e di Salvini, rabbrividendo: “Un uomo dal cinismo assoluto, che non guarda in faccia niente e nessuno, fa impressione perché poi fa ben gioco tra i semplici, tra quelli senza cultura e senza conoscenza, che lo seguono sulla via della paura, dello spavento”». «Questo sarà l’uomo con cui il M5S cambierà l’Italia?», ha scritto Sguera a Grillo. Ma non ha mai ricevuto risposta.

«Ho ricevuto molti insulti – racconta Sguera – Alcuni mi chiamano “zecca rossa”. Però mi scrivono anche persone, pure importanti, che condividono la mia preoccupazione». Descrive i grillini in attesa di leggere il famoso «contratto di governo» e sbotta: «Ma come non capire che la Lega ha posizioni inaccettabili su sud e migranti? E che non ha mollato Berlusconi, col quale amministra diverse regioni? È lì che girano i soldi».

Sguera viene da sinistra. Nel 2001 si candidò a sindaco sostenuto da una lista civica composta da movimenti e Rifondazione. Poi è passato al Movimento 5 Stelle. «Non nego che tra M5S e Lega ci siano tratti comuni – spiega – Ma proprio per questo dovremmo essere alternativi. Loro sono portatori di un populismo identitario ed escludente, noi del populismo dovremmo fornire la versione comunitaria e solidale, la veste luminosa. Allearsi con la Lega significa invece passare al lato oscuro, realizzare l’auspicio di Bannon».

La solitudine di Sguera spicca nel sud che premiò oltre ogni aspettativa il M5S e che adesso sembra preludere a nuovi equilibri di potere. In provincia di Salerno si registra il caso di Pontecagnano. Qui il M5S alle politiche prese un clamoroso 44% dei voti. Un risultato che non ha convinto i grillini a presentare un candidato sindaco per le prossime elezioni amministrative del 10 giugno. Si sospetta una specie di desistenza per far posto a Francesco Pastore, leghista con un recente passato in Forza Italia.

A Messina, invece, la Lega potrebbe restituire il favore e sostenere il grillino Gaetano Sciacca. Lo scorso 14 febbraio, nel pieno della campagna per le elezioni politiche, Matteo Salvini arrivò a Reggio Calabria, sull’altra sponda dello Stretto, e fece uno sbalordito ingresso nel gremito Teatro Comunale. Pare che dietro il successo di pubblico ci fosse anche Peppe Scopelliti, ex sindaco e presidente della Regione di Alleanza nazionale, impegnato al fianco del leader leghista. Oggi Scopelliti sta in carcere per aver falsificato i bilanci comunali e portato la città al dissesto. Pochi giorni prima che Salvini arrivasse in Calabria la Dda di Catanzaro arrestava Salvatore Mazzei, imprenditore accusato di essere il «riferimento delle cosche interessate all’esecuzione di costose opere pubbliche». Mazzei, cui sono stati sequestrati beni per 200 milioni di euro, ha due generi. Gli uomini che hanno sposato le sue due figlie si erano candidati entrambi a destra. Uno con Casapound, l’altro proprio col movimento Noi con Salvini. Ma i grillini locali, che a Reggio prima hanno messo in lista e poi espulso preventivamente l’ex massone Bruno Azzerboni, su Salvini tacciono.

«Dicono tutti che bisogna andare oltre le ideologie e vedere il programma», dice ancora Sguera a proposito dell’unanime maggioranza silenziosa che nei 5 Stelle lo rende una mosca bianca. Poi, sospirando, conclude: «Io invece penso che essere coerente alla propria storia e ai propri valori non significhi essere ideologici».