In uno scenario di crisi delle istituzioni di ricerca, e degli studi umanistici in generale, la rivista Modernism è un’impresa che merita di essere raccontata.
Diretta da esperti nel settore storico-religioso quali Ilaria Biagioli, Alfonso Botti, Rocco Cerrato, Daniele Menozzi e Daniela Saresella, è stampata dalla Fondazione Romolo Murri di Urbino. In copertina presenta la dizione «rivista annuale di storia del riformismo religioso in età contemporanea» e intende essere uno spazio di riflessione critica a partire dalla centralità del modernismo europeo tra Otto e Novecento quale «momento paradigmatico del nodo costituito dai rapporti tra cristianesimo e modernità».
Il collegamento diretto è con l’esperienza di Fonti e documenti, rivista fondata nel 1972 da don Lorenzo Bedeschi, partigiano, docente di storia contemporanea all’università di Urbino e tra i primi, e i principali, studiosi del modernismo e delle figure di Murri e dello storico calvinista Paul Sabatier.

COME EMERGE dallo spoglio dei primi due numeri, i propositi della redazione vanno però ben oltre il filone degli studi sulla crisi giunta all’apice con la repressione di papa Pio X e l’enciclica Pascendi del 1907. Del resto, la categoria di modernismo, di cui si sarebbero appropriati i redattori del Programma del 1908, si è configurata agli inizi come un dispositivo linguistico repressivo destinato ad avere lunga vita nella sua forma oppositiva. A sdoganarla era stata La civiltà cattolica, e più precisamente padre Matteo Liberatore, per contestare il cattolicesimo liberale che voleva introdurre il «pervertimento» moderno e rivoluzionario nella Chiesa.

ALL’ORIGINE C’ERA, quindi, lo scontro con i principi dell’89, considerati dai teorici dell’intransigenza l’ultimo prodotto di una «genealogia dei mali moderni» che, dopo la Riforma, aveva prodotto il giacobinismo, il liberalismo e il socialismo.
Modernism si propone di muoversi nel solco della lunga durata, e su scala internazionale, per investigare in quali forme le istanze di riforma religiosa e politica e di conciliazione tra scienze religiose e metodo storico-critico siano riemerse nel corso del Novecento generando nuovi conflitti con il magistero romano; scontri anche molto duri, per esempio a valle della celebrazione del Concilio Vaticano II, e accompagnati dal ritorno dell’accusa di modernismo. Il numero del 2015 è stato dedicato alla figura di Romolo Murri, il creatore della (prima) democrazia cristiana di inizio secolo, attestata su posizioni progressiste e in dialogo con il marxismo.

NEL NUMERO del 2016 è stata recuperata la figura di Ernesto Buonaiuti, la figura principale del rinnovamento modernista in Italia e costretto per questo a subire la duplice persecuzione della Chiesa, che lo scomunicò, e poi del regime fascista, a cui non aveva giurato fedeltà perdendo così anche il posto d’insegnamento alla Sapienza.

NELLA BIOGRAFIA dello studioso, di cui oggi si chiede la riabilitazione ecclesiale e civile, modernismo e antimodernismo si confermano fenomeni da studiare insieme per andare alla radice di quel conflitto sull’autodeterminazione dell’uomo che ha scandito le vicende storiche della Chiesa e che rappresenta la vera sfida del pontificato di papa Francesco. Una storiografia solida nel metodo e scevra dal bisogno di difendere appartenenze e punti di vista di parte è uno strumento imprescindibile per comprendere la trasformazione nel suo lungo percorso storico.