Tre ore no-stop di performance, con assoli a sorpresa che fanno vivere lo spazio museale e teatrale attraverso lo sguardo sul corpo in movimento: dopo l’Opéra di Parigi, la Tate Modern di Londra e il MoMa di New York, la creazione di Boris Charmatz [terrain] 20 danzatori per il XX secolo e oltre ha abitato con vitalità e bellezza la Triennale Milano al Palazzo dell’Arte.Il progetto è stato seguito da 700 persone venerdì scorso, a presentarlo a Triennale Estate, in occasione della Milano Design Week, Soirées Nomades, la programmazione di performing arts della Fondation Cartier a Parigi, nell’ambito della mostra Les Citoyens, uno sguardo di Guillermo Kuitca sulla collezione della Fondazione Cartier pour l’art contemporain. Charmatz, danzatore e coreografo, ideatore di progetti sperimentali, alle spalle nove anni di direzione del Musée de la Danse / Centre chorégraphique national de Rennes et de Bretagne, firma un progetto in cui contemporaneità e repertorio, presente e memoria del passato come conservazione e reinvenzione, si incontrano nei corpi dei danzatori, archivio vivente di una storia della danza in rapporto costante con la creazione. 20 danzatori per il XX secolo e oltre lascia allo spettatore libertà di percorso e di esperienza: nel libretto consegnato all’ingresso della Triennale la pianta degli spazi del Palazzo dell’Arte indica in rosso i luoghi delle performance, semplici cv con foto tessera chiariscono chi sono i 20 interpreti, brevissime le indicazioni sugli estratti degli assoli, volutamente nessuna precisazione sull’abbinamento tra spazio e singolo performer.

OGNI SPETTATORE vive il Palazzo dell’Arte secondo i suoi tempi e la sua curiosità, sosta nei luoghi o soltanto li attraversa, trasportato senza fretta da ciò che gli suggerisce il vagare dello sguardo. Un’esperienza che riporta alla figura baudelairiana del flâneur nel suo girovagare per le città. Charmatz ha coinvolto nel progetto danzatori eccellenti il cui corpo diventa frammento di una storia della danza vissuta e raccontata: interpretano estratti da coreografie chiave del Novecento e oltre, da titoli dei Balletti Russi di Diaghilev con La morte del cigno di Fokine per Anna Pavlova, ma interpretata al maschile da Benjamin Pech, a pezzi cardine di Merce Cunningham come Beach Birds e Changing Steps, proposti in cima alle scale del primo piano da Ashley Chen che coinvolge poi attivamente il pubblico nella danza. Non mancano creazioni degli anni Duemila come quelle con Manon Santkin e di Bryana Fritz, nel Salone d’Onore al primo piano Julien Monty spazia tra coreografie di Anne Teresa de Keersmaeker come Bach6Cellosuiten, alternandosi con Raphaëlle Delaunay, danzatrice passata dall’Opéra di Parigi a Pina Bausch, Alain Platel, Jérôme Bel, che flirta con materiali provenienti da pezzi come Le Sacre du printemps di Pina Bausch, spiegati e rimixati con Beyoncé, e Bakhti di Maurice Béjart.

Boris Charmatz con Guillermo Kuitca, curatore della mostra Les Citoyens, Fondation Cartier pour l’art contemporain, Triennale Milano, foto ©Lorenza Daverio

L’elenco di estratti è sterminato: al piano sotto, negli spazi del Teatro dell’Arte, Fabrice Mazliah danza William Forsythe, una costante nelle tre ore è il passaggio nel largo spazio a piano terra dove Marco d’Agostin ripete la danza tradizionale austro-bavarese Schuhplattler su più musiche da uno dei pezzi di culto di Alessandro Sciarroni, FOLK-S, alternandosi con il coinvolgente danzatore, coreografo e musicista maghrebino Filipe LourençoUsciti dal Palazzo dell’Arte, il confronto con altri spettatori chiarisce quanto i percorsi nella creazione di Charmatz siano stati personali, ognuno ha un suo racconto, i suoi estratti, i suoi danzatori, la sua visione del rapporto con Les Citoyens e le altre mostre: tracce di un viaggio nel passato e nel presente della danza lasciate nella memoria individuale dal passeggiare e sostare per tre ore in Triennale.

IL LEGAME tra la figura del flâneur vagabondante e la danza ci porta per associazione alla prossima presenza di Charmatz in Italia. Il coreografo e danzatore francese con lo spettacolo infini sarà al Fabbricone di Prato il 26 settembre per Contemporanea 2021. Nel cast insieme a Delaunay e Mazliah e ad altri danzatori, lo stesso Charmatz che su infini dice: «Per secoli, i ballerini hanno contato fino a 4, 6 o 8, e poi hanno ricominciato da capo. Nelle coreografie moderne possono contare in modi più complessi, combinando tredici e cinque… ma cosa succederebbe se contassero all’infinito? Cosa accadrebbe se, invece di raggiungere una meta, una fine, una misura, un ritmo ciclico, contassero come si fa quando si cade nel Sonno, o si muore, come si guardano le stelle spente dall’inquinamento luminoso? Ho sempre odiato contare mentre ballo, ho sempre preferito lasciar vagare la mente. In questo pezzo contiamo, parliamo, cantiamo e balliamo, ma è solo per poter vagare meglio… nessuna chiusura, infinita opulenza …».