In una pausa tra un dato e l’altro sull’andamento dell’occupazione in Italia, mergono le informazioni relative all’attività ispettiva sull’uso degli sgravi sul costo del lavoro previsti dalla Legge di Stabilità 2015 ma anche 2016. In base al comunicato, rilasciato nel pomeriggio di ieri dal Ministero del Lavoro, emerge che per il 18% delle imprese ispezionate è stata trasmessa un’ «informativa di reato all’Autorità giudiziaria».

Fin qui le aziende ispezionate e a cui si riferisce il dato sui reati commessi sono 338, le quali hanno richiesto il beneficio per 1.986 assunzioni di lavoratori con contratto a tempo indeterminato. Dal Comunicato non emerge alcun dettaglio relativo alla dimensione, alla posizione geografica, al settore di attività.

Nessuna informazione circa il comportamento reo e strategico delle imprese che non possono beneficiare degli sgravi se il lavoratore interessato era assunto nei sei mesi precedenti con un contratto a tempo indeterminato. Non si chiarisce neppure quante di queste ispezioni riguardino aziende che hanno assunto nel 2015 sul totale: vien da pensare siano la maggioranza visto che i dati pubblicati sono aggiornati a febbraio scorso.

Il resto del comunicato spiega brevemente che l’analisi è svolta insieme all’Inps, incrociando i dati degli archivi amministrativi relativi alle imprese e i soggetti per cui è stato richiesto lo sgravio.

Mentre ci si muove in un flusso di informazioni a singhiozzo e spesso incomplete, si fanno largo alcune conferme: le imprese hanno approfittato degli sgravi, con una buona dose di avidità. Per mesi i paladini del neoliberismo e della razionalità dell’agire individuale hanno discettato dell’urgenze di procedere a un taglio delle tasse per le imprese, perché solo così avremmo potuto riconquistare l’agognata competitività.

Gli sgravi non rappresentavano lo strumento adatto, perché non erano strutturali, cioè solo temporanei, e di conseguenza non sufficienti a garantire un aumento occupazionale stabile nel tempo. Nel frattempo però le imprese hanno più che beneficiato degli sgravi, basti pensare alla corsa alle assunzioni avvenuta in dicembre, prima che entrasse in vigore la nuova disciplina prevista dalla legge di Stabilità 2016.

In Italia ci si ritrova a fare i conti con un vizio storico. Il governo ha tagliato le tasse, per tre anni, sostenendo con le finanze pubbliche una redistribuzione di risorse a favore delle imprese e in buona sostanza dei loro profitti – vista anche la riduzione delle retribuzioni per i neo-assunti. Tutto questo mentre la spesa sociale continua a diminuire, le promesse del governo della rottamazione infrangersi tra un conflitto d’interesse e un sopruso al Parlamento.

Di fronte a tutto questo, la risposta è stata inequivocabile: una parte delle imprese italiane e chissà quante altre ancora hanno pensato fosse giusto o almeno un loro diritto quello di sfogare insaziabilmente la propria sete di liquidità, da tramutare se possibile in profitti, senza pudore.