Sgombro è una serata di varietà underground nata nel 2016, quando alcuni artisti romani accomunati da un senso del comico non banale hanno deciso di unire le forze. La casa del gruppo è stata finora il Nuovo Cinema Palazzo, lo spazio sociale del quartiere San Lorenzo di Roma sgomberato lo scorso 25 novembre. Occupando quel palco una serata al mese Sgombro è pian piano divenuto un piccolo cult il cui formato prevede il susseguirsi di brevi interventi degli artisti partecipanti, dando vita ad una sorta di viaggio sul posto nella comicità odierna. Quest’anno il varietà si era già preparato a cambiare dimensione, con il Teatro di Roma che gli aveva riservato uno spazio nella stagione del Teatro di Villa Torlonia. All’indomani della chiusura delle sale è seguita la riorganizzazione in podcast radiofonico, nell’ambito del palinsesto digitale TdROnline. La prima puntata si può ora ascoltare sul canale Spreaker dello stabile e altre verranno pubblicate nei prossimi due venerdì. Ne abbiamo parlato con uno dei fondatori del progetto, Ivan Talarico, che in questa versione sul web veste i panni di presentatore.

Che ruolo ha avuto il Nuovo Cinema Palazzo per la nascita di Sgombro e come avete reagito alla notizia dell’intervento della questura?
Il Nuovo Cinema Palazzo è stato fondamentale perché Sgombro è l’incontro di una serie di artisti con immaginari e idee comuni. È stato importantissimo uno spazio di questo tipo, che è aperto alla cittadinanza e permette di fare degli esperimenti. Lo sgombero per noi è una notizia terribile ma lo è ancor di più per il contesto urbano e la cittadinanza. Noi quest’anno abbiamo iniziato la collaborazione con il Teatro di Roma e comunque abbiamo alle spalle un’esperienza che ci permette di trovare altri spazi, ma quel posto è ancor più prezioso per i giovani artisti perché consente di produrre, di incontrarsi, di vivere questa cultura di cui molto si parla ma che a volte si frequenta poco.

La formazione di Sgombro è di volta in volta mutevole, come è composta? Condividete tra voi un’idea di comico?
C’è una struttura fissa composta dalle persone che si occupano dell’organizzazione: oltre a me c’è Daniele Parisi, Gioia Salvatori, Nano Egidio, Giovan Bartolo Botta, Davide Grillo. Poi cerchiamo di far intervenire persone che ci sembrano affini e di cui apprezziamo il lavoro, come Claudio Morici che è uno dei fondatori, Luisa Merloni, Paola Michelini, Andrea Cosentino, Lucio Leoni. Tendenzialmente condividiamo l’idea che la comicità debba avere un retroterra importante, che si basi su contenuti che la rendano molto vicina al drammatico. Poi abbiamo tutti la propensione a lavorare sulle parole, a creare discorsi allucinati e allucinanti, a mandare in cortocircuito il linguaggio e il ragionamento.

La prima puntata del podcast si è concentrata sul tema della pandemia. Credi che la comicità sia riuscita ad alleggerire la condizione che abbiamo attraversato in questi mesi?
Avevamo dei mezzi e chi li ha esplorati secondo me ha fatto un servizio a se stesso e agli altri. Penso che l’arte sia in parte indipendente e superiore rispetto alla forma che si utilizza. Dopo anni in cui sono stato sempre in giro con i miei live ho capito che l’esigenza non fosse quella di muovermi ma di comunicare, quindi ben venga qualsiasi mezzo. Con il Teatro di Roma durante la primavera ho proposto la serie di teatro musicale Buonismo in cattività e autonomamente dei piccoli discorsi allucinati. Sono molto contento del lavoro che sta facendo lo stabile di Roma e Giorgio Barberio Corsetti con l’apertura di questo spazio online che invece di proporre un surrogato degli spettacoli dal vivo promuove podcast e trasmissioni pensate per un altro mezzo.

Il sodalizio con Claudio Morici va al di là di Sgombro, insieme avete ideato diversi spettacoli. Come si incontrano i vostri linguaggi?
In parte li abbiamo costruiti insieme, quando abbiamo iniziato a collaborare lui era soprattutto uno scrittore e io un teatrante. Morici si era già affacciato alla performance e io alla canzone ma è insieme che abbiamo aperto una nuova fase, influenzandoci a vicenda. Da quel momento lui si è concentrato sui reading e io sono passato all’attività cantautoriale. La musica è divenuta una forma centrale per me, trovo che sia più immediata di quella teatrale e da quando lo scorso anno è uscito il mio primo disco Un elefante nella stanza sono cresciuto molto.