Tolleranza zero, o forse no. Dopo la chiusura di fatto ad ogni dialogo con i movimenti di lotta per la casa e la circolare del ministero dell’Interno che facilita gli sgomberi, la sindaca di Roma Virginia Raggi fa un mezzo passo indietro. Parla di «linea soft», che avrebbe lo scopo di «coniugare le esigenze di legalità e di tutela dei proprietari con quelle del rispetto dei diritti della persona». La dichiarazione arriva al termine della riunione del Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza che si tiene in prefettura, riecheggia la «terza via» della quale gli esponenti della giunta grillina avevano parlato anche nello scorso mese di luglio, quando si era trattato di mandare le ruspe per far sloggiare i rom del Camping River. Adesso la sindaca prende tempo. Ha bisogno di rispondere alle preoccupazioni interne alla sua squadra sulla stretta repressiva promessa da Matteo Salvini, che a Roma metterebbe in mezzo alla strada almeno diecimila persone. Altrettante, per di più, sarebbero quelle sotto sfratto esecutivo. Di queste, è stata finora la filosofia dell’amministrazione grillina recepita in pieno dalla circolare Salvini, soltanto quelle in condizioni di indigenza estrema e particolare fragilità sociale dovrebbero essere prese in carico dai servizi sociali del comune.

Gli altri, ammesso che ne abbiano diritto, dovrebbero mettersi in fila assieme a migliaia di altri cittadini in attesa di avere una casa popolare.

RAGGI RISCHIA di trovarsi al giro di boa della sua consiliatura con una bomba sociale pronta ad esplodere. Ecco perché non accelera, getta acqua sul fuoco e prova a venire a più miti consigli, cercando il dialogo con il prefetto e con la Regione Lazio. Sul tavolo c’è la lista delle occupazioni il cui sgombero è prioritario.

Un elenco che circola da tempo e che somiglia a quello stilato durante la gestione commissariale del prefetto Francesco Paolo Tronca. La destra pungola i grillini, li esorta ad applicare il «metodo Sesto San Giovanni», dove lo sgombero è stato repentino e decine di persone sono finite in mezzo alla strada. Lei oscilla tra il feticcio della «legalità», lo stesso in base al quale rifiuta di spendere i soldi stanziati da una delibera regionale sulla casa pur di non riconoscere posti in graduatoria agli occupanti, e la paura di scatenare tensioni e conflitti che potrebbero ritorcersi contro la sua giunta. Per garantirsi copertura politica e impegni economici ha chiesto di incontrare il presidente del consiglio Giuseppe Conte. Il vertice dovrebbe tenersi entro la prossima settimana. «Ci sono situazioni in cui le condizioni igieniche e sanitarie richiedono un intervento rapidi – spiega la sindaca – Ci sono poi altre situazioni in cui gli stabili sono pericolanti e le persone che sono all’interno vanno messe in sicurezza. In più abbiamo anche situazioni in cui esistono provvedimenti dell’autorità giudiziaria». Le tre fattispecie corrispondono a tre casi concreti.

I PRIMI a farne le spese potrebbero essere i 150, soprattutto migranti, che spontaneamente hanno occupato un palazzo in via Costi, in zona Tor Cervara, alla periferia orientale della capitale. Poi verrebbe il turno dello stabile che affaccia sulla centralissima piazza San Giovanni, in via Carlo Felice, di proprietà della Banca d’Italia e da tempo considerato a rischio crollo. Qui ormai dal 2004 vivono circa 25 nuclei, tra di essi anche alcuni rifugiati eritrei. Due giorni fa, l’assessore regionale alla casa Massimo Valeriani ha cercato una mediazione e cercato soluzioni alternative, che garantiscano anche agli occupanti di rimanere a vivere nello stesso quadrante di Roma, per consentire ai bambini di continuare a frequentare le scuole alle quali sono iscritti ormai da anni. Infine, il terzo immobile in cima alla lista sarebbe quello di via del Policlino 137, non distante dalla città universitaria della Sapienza. Dal 2010 ospita 45 nuclei familiari. Il diritto alla proprietà definito da Salvini «sacro» che lo sgombero dovrebbe tutelare è stato riconosciuto anche da una sentenza del Tar. Il palazzo appartiene ad un fondo immobiliare che si occupa soprattutto di case-vacanza.

DOMANI POMERIGGIO all’occupazione di via del Porto Fluviale ci sarà un’assemblea cittadina convocata dai movimenti per il diritto all’abitare, che invitano alla «legittima difesa» contro un governo «forte coi deboli e suddito della rendita immobiliare». «Affermare che la proprietà privata è sacra senza tenere conto di diritti fondamentali inevasi è una vera e propria dichiarazione di guerra – affermano in un documento – Auspichiamo il rifiuto da parte dei municipi e dei sindaci verso questo dispositivo e riteniamo opportuno lanciare forme di mobilitazione locale e nazionale». Il 10 ottobre, intanto, si protesterà davanti alle prefetture in tutto il paese.