Erano molte le attività programmate al Csoa Terra Rossa, di cui avrebbero usufruito i cittadini leccesi con meno risorse: dall’Università popolare, alla biblioteca pubblica, all’asilo, allo sportello lavoro, al laboratorio medico e all’accoglienza, agli incontri pubblici che negli ultimi tempi hanno messo a confronto le realtà territoriali che si battono contro il caporalato e contro la privatizzazione dei servizi e dei territori. Neanche i gruppi di anziani potranno più finire le loro partite a carte o ai giochi preferiti.

Ieri mattina all’alba, l’amministrazione di centro-destra ha sgomberato e messo i sigilli all’ex asilo Angeli di Beslan. Un grande spazio abbandonato al degrado in una zona periferica di Lecce, chiuso nel 2012 per lavori di ristrutturazione mai avviati. Due mesi fa, un collettivo formato da diverse realtà locali, tra cui la Rete dei Conflitti, docenti universitari ed esponenti politici della sinistra leccese e dei movimenti, lo ha occupato, ha rimesso a posto gran parte dei locali. Lo spazio è diventato rapidamente un riconosciuto luogo di aggregazione politica, di cultura e di confronto.

Poco prima dello sgombero, si era svolto un dibattito sul caporalato, a cui aveva partecipato anche Yvan Sagnet, leader della rivolta dei braccianti di Nardò A fronte della pervicace opposizione dell’amministrazione e anche alle critiche di alcuni esponenti del centro-sinistra, gli occupanti avevano dato la disponibilità ad accogliere proposte alternative, ma concordate pubblicamente. La risposta è però arrivata con i sigilli: disposti da un’ordinanza del gip Alcide Maritati, su richiesta del procuratore aggiunto Antonio De Donno, che ha riconsegnato i locali al comune. Tre gli indagati per invasione di terreni e edifici, uno dei quali si trovava all’interno del Terra rossa al momento dello sgombero.

Gli occupanti hanno tenuto un’assemblea pubblica nell’Ateneo di Lecce. Intanto, il Terra rossa sta ricevendo molti attestati di solidarietà. Un appello della Rete di solidarietà con la rivoluzione bolivariana, Caracas ChiAma, ha raccolto numerose e diverse adesioni. Al Terra rossa, si è svolto infatti il IV incontro della Rete: tre giorni dibattiti che hanno messo a confronto le più diverse realtà territoriali con gli ospiti provenienti dal Venezuela. Oltre ogni previsione la partecipazione e il livello del confronto (circa 300 persone).

In quel contesto, diversi comuni virtuosi avevano dato la loro adesione, consegnando personalmente la delibera approvata nelle mani delle rappresentanze diplomatiche bolivariane, che hanno incontrato alunni, studenti, professori e autorità locali: per spiegare la realtà del Venezuela bolivariano, dove l’istruzione e gli spazi alternativi sono un diritto garantito e finanziato. “Al Terra Rossa – scrive Caracas ChiAma – si sperimentava la democrazia attiva dei cittadini, ma la cultura della legalità a tutti i costi, del primato dell’autorità sulla libera e spontanea auto-organizzazione, ha portato allo sgombero di una realtà che creava, aggregava e rigenerava coscienze. Mentre in Venezuela il Presidente occupa le fabbriche in dismissione insieme agli operai e a Napoli de Magistris appoggia e sostiene la rigenerazione di luoghi abbandonati, il sindaco di Lecce, esclude la cittadinanza dagli spazi che le appartengono, preferisce il degrado alla pratica della democrazia”.

All’appello hanno aderito associazioni, centri sociali, circoli, comitati e forze politiche: dalla Sicilia, alla Campania, dall’Emilia al Lazio (tra gli altri Anros Italia, Albainformazione, Alma Rebelde, Italia-Cuba, Ex-Opg, Noi saremo tutto, Carc, Comitato Catanese di solidarietà con l’Ucraina antifascista…)