Sulla banchina del porto di Palermo ieri alle otto di sera erano attesi altri mille migranti, in attesa dello sbarco dal pattugliatore «Diciotti» della Guardia costiera. Mille e tre, per la precisione. Stamani a Brindisi ne arriveranno 581 tratti in salvo dalla nave spagnola «Rio Segura» e altri 700 a Crotone, salvati dalla Marina italiana sempre nel Canale di Sicilia. Ma questi numeri non devono trarre in inganno: così come l’Europa, anche l’Italia è assolutamente in grado di accogliere una quantità di profughi – si parla di circa 150 mila l’anno – purché ognuno faccia la sua parte, ogni comune. Non come i 23 sindaci leghisti della provincia di Brescia che ieri mattina si sono addirittura rifiutati di incontrare il presidente della Repubblica Sergio Mattarella in aperta polemica con le sue parole sull’accoglienza ai migranti.

In Italia, secondo quanto calcola l’Istat, gli stranieri sono appena l’8,3 per cento della popolazione – oltre il 52 per cento sono donne – mentre in Germania sono il 9,3 e in Austria il 13,2 per cento (dati Eurostat al 1 gennaio 2016). Il problema sono, qui e là, i ricollocamenti, cioè distribuire i profughi e i migranti sul territorio con un sistema di quote e adeguati finanziamenti, quote che debbono essere in proporzione alla popolazione, senza concentrazioni-ghetto. È questa una delle cinque misure chieste dall’Anci – l’associazione del comuni italiani – nell’incontro avuto ieri con il ministro dell’Interno Angiolino Alfano. «Molti sindaci finora non sono stati disponibili all’accoglienza non perché non siano sensibili ma perché hanno paura di non avere dallo Stato strumenti per gestirla», sostiene Piero Fassino, ormai ex sindaco di Torino ma ancora presidente, in scadenza, dell’Anci. Non si riferisce, chiaramente, ai sindaci del Carroccio che cavalcano i timori di «invasione». Ma a come allargare la platea dei 1.200 comuni italiani che già ospitano migranti.

Ancora la maggior parte degli ospiti (111 mila su 150 mila) hanno trovato posto in strutture temporanee. Ma secondo il piano immaginato dall’Anci- «che è un miglioramento del nuovo bando Sprar», precisa Fassino – si possono ulteriormente distribuire apportando alcune correzioni al piano ministeriale:
1) la garanzia che sia il sindaco e non la prefettura a gestire l’accoglienza e i flussi

2) la quantità di migranti ospiti deve essere «sostenibile», non mega centri, il parametro base deve essere di 2,5 migranti (quindi 2/3) ogni mille abitanti con un tetto di non più di 5 ospiti stranieri per un borgo piccolo di 2mila residenti

3) incentivi economici ai Comuni che aderiscono, in particolare la possibilità di fare assunzioni ad hoc sbloccando il turn over che attualmente attanaglia le amministrazioni comunali con stanziamenti nella prossima legge di stabilità anche in deroga ai parametri di pareggio del bilancio

4)possibilità di utilizzare i migranti disponibili in progetti di pubblica utilità che vadano oltre il massimo attuale delle 16 ore settimanali

5) esclusione dei comuni che già hanno attivato l’adesione al bando Sprar dall’invio di altri migranti da parte della prefettura.

Molte di queste misure sono già contenute nei bandi Sprar 2016-2017 e Fassino rivendica all’Anci di aver contribuito alla nuova regolamentazione.

Il suo piano in cinque punti presentato ieri al Viminale rafforza però il ruolo gestionale dei sindaci e chiede un allargamento dell’impiego dei migranti in lavori socialmente utili, anche se – precisa Fassino – «su questa questione bisogna precisare meglio le norme che regolano il rapporto di lavoro».

Non è stato invece affrontato in pieno il problema della lentezza nei pagamenti che recentemente ha messo a rischio il progetto Sprar del Comune di Palermo, che attendeva 250 mila euro di finanziamenti, il 40% del dovuto dal ministero, sbloccati soltanto due giorni fa e attesi da aprile.

Altro nodo più generale riguarda lo status del migrante che può entrare in questo circuito: il sistema di protezione è riservato ai richiedenti asilo e rifugiati, che finora ha accolto 30 mila persone.

Il sottosegretario all’Interno, Domenico Manzione, sponsorizza anche a livello europeo la possibilità di centri per minori non accompagnati sul modello Sprar. E annuncia che in Italia sarà presto sulla Gazzetta Ufficiale: per consentire ai minori soli di essere accolti e smistati dalle regioni di sbarco alle altre regioni italiane.