Gli stagisti si organizzano e dicono basta allo sfruttamento. Ieri la giornata italiana di mobilitazione, indetta dalla Cgil, con la campagna «Datevi una regolata!», dei Giovani non più disposti a tutto: davanti ai luoghi «chiave» della categoria, i centri per l’impiego, le università e le Regioni. Sono queste ultime a dover legiferare, infatti, dopo il pronunciamento della Corte costituzionale, nel dicembre scorso, e un successivo accordo Stato-Regioni che ha partorito delle linee guida, da recepire entro luglio: chi fa uno stage – anzi, in linguaggio tecnico, un «tirocinio» – dovrà ricevere un compenso minimo di 400 euro al mese. In più, il progetto dovrà essere chiaramente formativo, evitando gli abusi. E, assoluta novità, potranno essere inclusi anche cassintegrati, disoccupati di tutte le età, lavoratori in mobilità. La crisi si fa sentire, e si cerca di includere anche i più «anziani». O forse, invece, si dispensano anche a loro illusioni facili, come già a studenti e laureandi?
Il dibattito è aperto, anche perché bisogna sapere che – ultima indagine Excelsior/Unioncamere, del 2012 – sono soltanto il 10,6% (cioè 1 su 10) gli stagisti che vengono assunti dopo il percorso in una impresa. Per non parlare degli uffici pubblici, dove l’assunzione – causa spending review, blocco del turn over e (giustamente) concorsi pubblici – è una vera chimera. Secondo Excelsior/Unioncamere sono circa 307 mila gli stage effettuati ogni anno dalle imprese, mentre secondo una stima empirica del sito «Repubblica degli stagisti» negli uffici pubblici vengono attivati dai 150 mila ai 200 mila tirocini l’anno.
Il sindacato chiede alle Regioni di legiferare, recependo le linee guida, e «magari migliorandole», dice Ilaria Lani, responsabile Politiche giovanili della Cgil. «C’è un vuoto normativo, e in questo vuoto può accadere che si compiano molti abusi, come lo sfruttamento intensivo e senza formazione, o la sostituzione vera e propria di lavoro dipendente».
Per ora hanno approvato una legge solo Veneto e Piemonte, che hanno disposto rispettivamente 400 euro e 600 euro di paga base. «Ma non è solo un problema di paghe, anche se il compenso è importante – spiega Lani – Si deve innanzitutto verificare che la convenzione abbia un progetto e un percorso preciso, con un tutor, e che non si svolgano solo mansioni ripetitive e non utili ad apprendere. Inoltre, si deve limitare chiaramente lo stage, magari fino a 6 mesi, senza concedere proroghe indeterminate. Chiediamo controlli e sanzioni: e non solo per gli enti ospitanti, ma anche per quelli proponenti, come scuole, università e agenzie varie. Secondo noi, infine, dovrebbe essere un istituto limitato solo a studenti e post laureati, in quanto per i lavoratori già formati e in difficoltà sarebbe più giusto e rispettoso proporre contratti di reinserimento, defiscalizzati».