La vicenda degli sfratti alle associazioni romane che operano negli spazi del Comune è giunta a un bivio decisivo. Il fronte ampio delle realtà sociali minacciate di sgombero e vessate da morosità fantasiose si è mosso. Ieri una rete di organizzazioni, coordinata da Cild, Cesv e Coordinamento periferie Roma, ha depositato nella sede romana della Corte dei Conti un esposto affilatissimo contro il procuratore Guido Patti che sta promuovendo la legalizzazione a colpi di scure del patrimonio immobiliare del comune di Roma dato in concessione alle organizzazioni non profit.

Domani alle 16 si svolgerà invece in Campidoglio una mobilitazione convocata dalla rete «DecideRoma» insieme a molte delle associazioni minacciate, nell’intento di sollecitare l’amministrazione a 5 stelle ad assumere atteggiamenti meno pilateschi e di avviare un percorso costituente delle realtà sociali per definire una proposta di conversione dei beni pubblici del Patrimonio in beni comuni urbani.

IERI POMERIGGIO le organizzazioni che hanno consegnato l’esposto («richiesta di deferimento del Vice Procuratore della Corte Regionale del Lazio Dott. Guido Patti alla Commissione Disciplinare») in cui le 50 associazioni firmatarie contestano al procuratore un «abuso della funzione inquirente», si sono riunite all’Hotel Palatino in un’assemblea aperta e molto partecipata.

La rete ha reso pubbliche una «lettera ai rappresentanti politici» romani, «perché si riapproprino del proprio potere di indirizzo e decisionale», e una proposta di delibera per quantificare il valore sociale delle attività svolte dalle associazioni non profit e introdurlo come voce attiva nel bilancio del Comune. Per farlo va modificato lo Statuto di Roma Capitale. L’assemblea è stata anche animata da un vivace dibattito tra la consigliera M5S Valentina Vivarelli, presidente della commissione Patrimonio, e alcuni esponenti delle associazioni del terzo settore su come e se fosse possibile quantificare il valore aggiunto del lavoro sociale svolto sul territorio. Al momento l’amministrazione a 5 Stelle brancola nel buio e non ha ancora trovato una soluzione per fermare l’azione della Corte dei conti e salvare le attività delle associazioni.

INFATTI NEGLI ULTIMI giorni l’Amministrazione con una mano redigeva delibere inefficaci a tale fine, e con l’altra sgomberava il Rialto, poi rioccupato, e inviava ulteriori ingiunzioni al rilascio, come quelle che hanno colpito il centro Ararat (centro di accoglienza e culturale della comunità curda) e la scuola popolare di musica di Testaccio fondata da Giovanna Marini, due baluardi romani della cultura dei diritti e del diritto alla cultura.

E addirittura rivedeva al rialzo le cifre della morosità del Celio Azzurro, la prestigiosa scuola per l’infanzia multiculturale che dovrebbe al Patrimonio non più 242 mila euro ma, secondo i criteri della Corte dei Conti, ben 365 mila euro.

Il 17 marzo prossimo, poi, è anche previsto un incontro pubblico della rete animata da Centro per la riforma dello Stato, Labis e ReTer, in cui saranno presentati la mappatura delle concessioni attive e una ricerca sulla misurazione del loro valore sociale (che permetterà tra le altre cose di quantificare il danno che può causare la Corte dei Conti), nonché la proposta di un percorso per la scrittura partecipata di un nuovo regolamento che concepisca il Patrimonio come una infrastruttura unitaria in cui mettere in rete progettualità, servizi e spazi per accrescere il potenziale e gli impatti delle realtà sociali che lo animano, ma anche il grado di partecipazione alle scelte.

PER COMPRENDERE la posta in gioco di queste iniziative riepiloghiamo i numeri della vertenza sul patrimonio in concessione. Mentre vanno avanti come treni i procedimenti amministrativi, tra sfratti eseguiti (almeno 6), determinazioni di sgombero (73), ingiunzioni al rilascio degli spazi e al pagamento delle presunte morosità (quasi tutte le 235 associazioni su 860 concessioni complessive) e citazioni in giudizio dei dirigenti (73 giudizi), la politica capitolina si è avvitata in una delibera di giunta approvata il 22 febbraio scorso che ripercorre le orme della famigerata delibera140.

SIAMO PERCIÒ veramente a un bivio, perché la speranza è che la Corte dei Conti, che è divisa al suo interno a causa dell’esposizione politica generata da Patti con la sua ingerenza su ambiti decisionali di pertinenza degli organi territoriali di rappresentanza, decida di smontare il suo impianto accusatorio azzerando il danno erariale e accorpando in un unico procedimento tutte le cause. Su questo ci sarà un’udienza decisiva il 4 aprile. Si spera che il M5S prenda posizione entro quella data e abbia il coraggio di schierarsi contro la logica mercantile che sottende l’azione della Corte dei conti.