La «preoccupazione» del Colle filtra con decisione a fine serata e cerca di mettere rimedio a una giornata di sgangherati rilanci antifrancesi da parte di Lega e 5 stelle. Il presidente Sergio Mattarella appena tornato dall’Angola si porecipita a far circolare, attraverso fonti confidenziali, l’auspicio che si ristabilisca «immediatamente» il clima di fiducia con la Francia, la «considerazione dei reciproci interessi nazionali» e «il pieno rispetto delle dinamiche istituzionali di ciascun paese». La Francia è il secondo partner commerciale dell’Italia. L’effetto del raffreddamento dei rapporti commerciali con Oltralpe su un paese in recessione e a cui l’Unione abbassa le stime di crescita sarebbe un disastro. La propaganda in vista del voto europeo rischia di costare caro.

AL RITORNO A CASA MATTARELLA si trova la crisi diplomatica in pieno svolgimento. Il premier Conte è a Beirut e il ministro degli esteri Moavero a Montevideo. Entrambi balbettano dichiarazioni deboli e persino irritanti verso Parigi. E invece al richiamo dell’ambasciatore da parte dell’Eliseo, gesto senza precedenti in epoca repubblicana, i due vicepremier hanno risposto con nuove mirabolanti sfide verso Oltralpe. Matteo Salvini, dall’Abruzzo ufficializza la crisi. A lui dei gilet gialli gemellati con i 5 stelle importa poco. Si dichiara «disponibilissimo al dialogo» con il governo francese ma «ci sono tre dossier d’interesse nazionale italiano da risolvere», elenca: «Ci sono 15 terroristi italiani che dovrebbero essere in galera; negli ultimi due anni ai confini il governo francese che ci dà lezione ha respinto più di 60 mila immigrati; la gendarmerie controlla i treni che portano dall’Italia alla Francia e danneggia i nostri lavoratori pendolari che sono letteralmente vessati ogni giorno alle frontiere francesi da controlli che durano ore. Non voglio litigare con nessuno, voglio risolvere i problemi ma abbiamo già porto tutte le guance che potevamo porgere».

L’OMOLOGO A 5 STELLE DI MAIO non può essere secondo in una competizione che per una volta lo vedeva primo. Dunque rincara: rivendica il suo «diritto di dialogare con altre forze politiche che rappresentano il popolo francese» e attacca Macron: «È lui che si è più volte scagliato contro il governo italiano per motivi politici in vista delle europee». Dalla rete Alessandro Di Battista ricicla la storia del franco Cfa. Dai 5 stelle è tutto uno sbocciare di orgoglio nazionale. «Da quando non possiamo dialogare con il popolo francese? Siamo e saremo sempre dalla parte dei cittadini, Macron se ne faccia una ragione», spiega il sottosegretario agli esteri Manlio Di Stefano, quello che la scorsa settimana aveva parlato, riferendosi al presidente francese, sulla «sindrome del pene piccolo».

CONTE NON GOVERNA la situazione, e forse non può neanche farlo: gli attacchi alla Francia sono un asset della campagna elettorale M5S, liha persino anticipati in una conversazione privata con un’incredula Angela Merkel, filmata e non casualmente finita in onda in una tv.

«IL RAPPORTO Italia-Francia non può essere messo in discussione», dice il premier. Ma offre comprensione a Di Maio che «con i gilet gialli ha agito da capo politico» del resto «c’è un confronto su immigrazione, cooperazione allo sviluppo anche con l’Africa dove è legittimo aprire un dibattito non solo nazionale né bilaterale ma europeo». Tutto normale, prova a dire.

IL MINISTRO MOAVERO invece non sa più a che santo appellarsi. È a Montevideo alla riunione il gruppo di contatto con il Venezuela a fare capriole per rappresentare una posizione italiana non condivisa dai due alleati di governo. Da lì deve buttare acqua sul fuoco sulla crisi con la Francia: si dichiara «certo» che il premier, una volta rientrato a Roma, «esaminerà» la questione, per ora lui può «assicurare» che gli scontri politici in vista delle europee «non incideranno sulle solide relazioni» eccetera.

MA LA PREOCCUPAZIONE forte di Mattarella racconta una situazione inedita. Le opposizioni attaccano, il senatore Pd Andrea Marcucci scrive all’ambasciatore francese per dissociare il suo partito dalla linea del paese, Nicola Zingaretti parla di un governo che «porta gli italiani nel baratro».

IN SERATA CONTE capisce fino in fondo il messaggio del Colle e cerca di mettere una toppa, anche alle sue stesse parole tiepide. Fa sapere di aver sentito Macron al telefono per fare pace: «Un rapporto dalle antiche radici culturali ed economiche non può essere messo in discussione dalle contingenze», dice. Il passaggio «diciamo un po’ vivace» confida che sarà presto «superato».