«La Cgil deve cambiare: dobbiamo diventare un sindacato realmente indipendente e democratico». Una buona metà della relazione di Maurizio Landini al congresso dei metalmeccanici è stata dedicata al nodo dei rapporti tra i metalmeccanici e la confederazione, lo scontro che lo ha diviso da Susanna Camusso. L’accusa, molto pesante, è quello che la segreteria sta «truffando», alterando i risultati delle votazioni: «Abbiamo protestato perché si violano le regole che ci siamo dati, non ci viene riconosciuto l’equilibrato rapporto tra emendamenti e delegati – dice Landini – Ebbene, qualche giorno fa il segretario organizzativo della Cgil è uscito con un comunicato che si giustifica con calcoli strani: ritengo questo metodo truffaldino, e spero che quella nota venga ritirata».

La sfida lanciata dai metalmeccanici è sempre più alta, le parole diventano roventi e lo scontro a questo punto non sembra ricomponibile. Domani Susanna Camusso verrà al congresso, dirà la sua dal palco, e sicuramente il confronto sarà teso. «Il modo in cui facciamo i congressi è superato – dice Landini – Non parli con chi non è iscritto, con i giovani, con i precari. Sì e no un’assemblea dura un’ora, non c’è dibattito, confronto. Ma perché abbiamo paura della democrazia e di dirci come la pensiamo? Dobbiamo cambiare noi, non essere più burocratici e autoreferenziali, e così cambierà anche il nostro rapporto con le persone, e anche le nostre pratiche contrattuali. Perché se sei democratico rappresenti veramente le persone, ti sentono una parte di loro».

Il nodo è sempre là, la rappresentanza, che non solo ti autorizza a parlare con i lavoratori all’esterno, con la politica e le imprese, ma ti avvicina alla tua base, dirime i contrasti tra i dirigenti: «Non dovrà più esistere una piattaforma e un contratto che non siano votati dai lavoratori – dice Landini – per questo ho ritenuto sbagliato il Testo unico: se accetti di limitare le libertà sindacali e il ruolo delle categorie, se introduci l’arbitrato e le sanzioni per i delegati, io chiedo ma che fine fa il sindacato?». E se si perde il rapporto con la base, è chiaro che il sindacato si chiude nella burocrazia, si lega alla politica e ai partiti con modalità insane, perdendo la sua autonomia: «Io ricordo, e non senza polemica, il 4 agosto 2011 – dice Landini, attaccando di petto Camusso – Allora la Cgil accettò di firmare un documento in cui le parti sociali chiedevano praticamente di non andare al voto dopo Berlusconi, aprendo all’esecutivo Monti: al primo posto, in quel testo, c’era la richiesta di inserire il pareggio di bilancio in Costituzione, e a presentarlo a nome di tutti fu Emma Marcegaglia. Ebbene, fu il più basso grado di autonomia che io mai ricordi».

La Fiom, è il messaggio, non demorde nel conflitto con la Cgil: e anzi Landini rende noti i dati sulla consultazione indetta nelle fabbriche, presso iscritti e non al sindacato, dalla sola Fiom sul Testo unico. «Il no a quell’accordo è passato con oltre l’86% – dice – E quindi questo dà il mandato alla Fiom per cambiarlo e migliorarlo, nelle pratiche contrattuali». Proprio sulla falsariga del nuovo accordo sulla rappresentanza, a questo punto ufficialmente rigettato dalla Fiom, Landini tenta comunque il rilancio, e lancia un ponte a Fim e Uilm: «Rieleggiamo i delegati in tutte le fabbriche della Fiat, è un modo per affrontare una ricomposizione». E, al di là della Fiat, la richiesta della Fiom – a questo punto anche nei rapporti con Federmeccanica e le altre parti datoriali – è di “rinnovare a maggio tutte le Rsu in tutti i nostri luoghi di lavoro». Un discorso, quindi, che riafferma l’identità dei metalmeccanici, e che prefigura una possibile rottura al congresso della Cgil di Rimini: con liste separate, dopo che «si era tentato un percorso unitario»: «Ma poi dalla Cgil sono venuti un accordo sulla rappresentanza a cui l’intero gruppo dirigente è stato messo davanti quando era già firmato, e la violazione delle regole nella valutazione degli emendamenti». Un piccolo spiraglio, però, resta aperto: Landini cita i grandi padri della Fiom, tra i quali c’è Claudio Sabattini. «Ricordo in tutta la storia dei rapporti tra Cgil e Fiom una continua dialettica, scontri forti: ma poi chi è venuto prima di noi ha saputo sempre trovare una sintesi, perché non era solo interessato all’oggi, ma a quello che avrebbe lasciato a chi veniva dopo».