A Seul e non solo, l’elezione del nuovo presidente sud coreano Moon Jae-in aveva fatto sperare in un ritorno della cosiddetta «sunshine policy», ovvero un approccio collaborativo da parte del Sud nei confronti del Nord. Si diceva anche che questo tipo di speranza si sarebbe poi scontrata con una realtà spesso più complicata delle previsioni ottimistiche. Eppure Moon Jae-in, che già aveva dimostrato di sapere «aprire» alla Cina e di non rinunciare a contestare certe scelte degli Stati uniti, anche nei confronti di Pyongyang ha dimostrato di essere coerente con le sue promesse.

IERI SEUL ha chiesto ufficialmente colloqui militari alla Corea del Nord, utilizzando i canali della Croce Rossa in procinto di organizzare meeting separati per gestire i ricongiungimenti delle tante famiglie separate dopo il conflitto (1950-1953) terminato con un armistizio e non con un vero e proprio trattato di pace.

SE LE DUE PARTI dovessero davvero incontrarsi di nuovo, non accadeva dal 2015, potremmo essere di fronte a un punto di svolta non solo della crisi coreana, ma anche nei rapporti generali tra Nord e Sud.

In precedenza la presidente coreana Park, destituita a seguito di un recente scandalo, si era sempre rifiutata di provare a immaginare un vertice del genere, in quanto fautrice di una posizione forte, proprio in contrasto a quella liberale, espressa nel corso della presidenza di Kim Dae Jung dal 1998 al 2003 (Kim ha vinto il premio Nobel per la pace nel 2000) e divenuta nota alle cronache come la «sunshine policy». Ieri il viceministro della difesa sudcoreano Suh Choo-suk dyrante una conferenza stampa ha indicato anche la potenziale data per questo incontro, nonché il luogo: il giorno potrebbe essere il 21 luglio e la location il villaggio di Panmunjeom, proprio al confine, nonché simbolicamente il post dove venne firmato l’armistizio; si tratterebbe, come sottolineato dai diplomatici di Seul di un’«occasione» per far partire il confronto.

«CI ASPETTIAMO che il Nord accetti», ha sottolineato Suh, per il quale occorre risolvere «tutti gli atti di ostilità» sul confine che taglia in due la penisola riducendo, col riavvio dei canali di comunicazione, i rischi di incidenti. Anche il ministro dell’Unificazione Cho Myong-gyon ha sollecitato l’adesione di Pyongyang: «Se Sud e Nord si siedono uno di fronte all’altro, faccia a faccia, possono discutere temi di comune interesse» e Seul non ha velleità «ostili».

IL GOVERNO SUDCOREANO ha anche sottolineato la volontà di appoggiare la Croce Rossa per il riavvio del tavolo negoziale sulle riunioni delle famiglie risultate separate dopo l’armistizio del 1953, dando il via al ciclo di incontri dagli ultimi di ottobre 2015. Sulla disponibilità o meno del Nord, sarà compito della Croce Rossa provare a smuovere i suoi contatti a Pyongyang.

LA CINA, storico alleato della Corea del Nord, darà «il suo supporto», ha riferito il portavoce del ministero degli Esteri Lu Kang. «Pensiamo – ha aggiunto parlando nella conferenza stampa quotidiana – che mutue relazioni siano nell’interesse delle parti e della situazione della penisola».