Dalla prima ondata di pandemia di coronavirus, il modello coreano, che prevede test e tamponi su larga scala, tracciamento dei contatti dei positivi e isolamento domiciliare, ha aiutato a contenere i contagi di Covid-19 in Corea del sud.

Il sistema, invidiato e applaudito da diversi Paesi stranieri, è riuscito a reggere per parecchi mesi, garantendo persino le elezioni parlamentari (16 aprile scorso) e il test per l’ammissione alle università (3 dicembre), a cui hanno partecipato circa 426mila di studenti sudcoreani. Ma l’impennata dei nuovi casi preoccupa la Casa blu, che ipotizza l’applicazione di un lockdown leggero, il primo dall’inizio della crisi pandemica.

Negli ultimi tre giorni il bilancio è arrivato a toccare un nuovo record. Nella sola giornata di ieri, il Centro per la prevenzione e il controllo delle malattie sudcoreano ha contato 1.078 nuovi positivi per un totale di 45.442 casi e 612 decessi. La zona più colpita è l’area metropolitana di Seul, che ospita oltre 26 milioni di abitanti, dove il sistema sanitario è al collasso: martedì era disponibile un solo posto letto in terapia intensiva.

Il governo ha elevato le misure di distanziamento sociale nella capitale al livello di 2,5 su una scala di 3, imponendo la chiusura di scuole, palestre e altri esercizi commerciali giudicati a rischio, ma non esclude di applicare restrizioni più rigide in tutto il Paese. In assenza di una stretta, la proiezione dei nuovi positivi e delle vittime è allarmante.

In una riunione del governo che si è tenuta ieri, il primo ministro Chung Sye-kyun ha iniziato a parlare di un blocco totale per frenare la terza ondata. Le misure di livello 3 porteranno tutti i lavoratori, tranne quelli essenziali, a lavorare da casa, con il divieto di assembramento con più di dieci persone e la capacità sui treni ridotta al 50 per cento.

Ma sono tutte considerazioni ancora al vaglio del governo di Moon Jae-in. Un blocco totale porterebbe a una crisi economica, che colpirebbe le categorie lavorative più vulnerabili.

Le autorità valutano altre opzioni, mentre invitano i sudcoreani a limitare gli spostamenti e ridurre le attività non essenziali. L’alternativa più plausibile, al momento, è l’intervento dell’esercito per rafforzare il sistema di monitoraggio e controllo sanitario, come già accaduto nella scorsa settimana nell’area metropolitana di Seul. Una misura che potrebbe essere adottata in tutto il Paese.