«Hola soy Mario, soy italiano, soy de Napoles. Un abrazooo», sono le poche frasi pronunciate da Mario Paciolla in un video condiviso dal Comitato informale Giustizia per Mario Paciolla. Mario seduto al tavolino di un bar con amici, in una piazza, sorridente. Un frammento di vita quotidiana, che permette di avvicinarsi a lui non solo attraverso le sue parole e i suoi articoli ma anche attraverso il suoi gesti e il suo corpo.

Sono passati sette mesi dalla notte in cui Mario, lavoratore della Missione di Verifica degli Accordi di Pace in Colombia, è stato ritrovato impiccato nella sua casa di San Vicente del Caguan. Mesi di contraddizioni, depistaggi, teorie e silenzi. Silenzi che, nonostante il dolore e le ambiguità che portano con sé, potrebbero da una parte rappresentare il preludio alla verità e alla giustizia sul caso ma dall’altra anche la volontà di nascondere qualcosa, come ha fatto intendere la famiglia.

I familiari e i legali hanno deciso di mantenere un profilo basso rispetto alla divulgazione di informazioni relative alle indagini per non compromettere i lavori in corso e far sì che le informazioni sensibili non vengano strumentalizzate dalla stampa. Anna Motta, la madre di Mario Paciolla, pur non entrando nel merito delle inchieste giudiziarie, ha tuttavia condannato pubblicamente quel silenzio che assume le sembianze di omertà e ostacola la ricerca della verità. Si è rivolta a coloro che hanno informazioni su quanto è successo a suo figlio ma che per una serie di ragioni o pressioni hanno deciso, per ora, di non parlare e in una recente intervista ha ribadito che si è trattato di omicidio: «Per ora noi non abbiamo ancora nessuna verità. Mario è stato ucciso quattro ore dopo aver fatto un biglietto di ritorno in Italia. Lui stava scappando dalla Colombia perché probabilmente è stato testimone di qualcosa che non andava bene».

Le Nazioni Unite hanno voluto fin da subito mantenere riserbo sul caso, catalogando nei propri archivi la morte di Mario Paciolla sotto la voce “suicidio” ma dichiarando di star svolgendo un’indagine interna per chiarire l’accaduto. Il 14 gennaio 2021 il portavoce del Segretario Generale delle Nazioni Unite, Stéphane Dujarric, sollecitato da La Voce di New York in merito a questa indagine interna, ha commentato il caso con queste parole: «L’Onu sta lavorando con le relative autorità in Colombia e in Italia, che hanno la responsabilità principale dell’indagine criminale. Noi stiamo continuando a lavorare per rendere loro disponibili le informazioni. Questo è quello che posso dire».

Alla commemorazione di Mario Paciolla, avvenuta a Napoli, quindici giorni dopo la sua morte, alte cariche politiche italiane, il Ministro degli Esteri Luigi di Maio e il Presidente della Camera Roberto Fico, accompagnate dal sindaco di Napoli Luigi De Magistris e dal senatore Sandro Ruotolo, si sono impegnate a lavorare affinché si raggiunga la verità sul caso. Luigi Di Maio il 23 luglio 2020, aveva risposto all’interrogazione parlamentare del senatore del Movimento Cinque Stelle Gianluca Ferrara, dichiarando: «Ci è stato confermato che è stata avviata un’indagine interna che vede per il momento impiegate capacità investigative della stessa Missione Onu. Abbiamo chiesto e ottenuto che sia condotta in maniera rapida e approfondita, gli esiti saranno tempestivamente condivisi con la nostra ambasciata a Bogotà e con la rappresentanza a New York», e aggiungendo: «Il nostro lavoro come Farnesina sarà quello di garantire il massimo coordinamento tra le attività delle autorità coinvolte e su questo vi assicuro la massima tempestività e il massimo impegno».

Da quei giorni non ci sono state esternazioni pubbliche sul caso da parte del Ministero o da rappresentanti dello stato. Da più di un mese proviamo a richiedere telefonicamente e via mail dichiarazioni e interviste, ma senza successo, nonostante ci sia stato ribadito che il ministro degli Esteri Luigi di Maio ha a cuore la vicenda e la vuole gestire in prima persona.

Il silenzio è protagonista anche dall’altro lato dell’oceano, dove le autorità colombiane non hanno rilasciato dichiarazioni e non sono stati forniti ulteriori dettagli all’indomani dell’autopsia, eseguita pochi giorni dopo la morte di Mario Paciolla e il cui responso propende per l’ipotesi del suicidio.

Nel frattempo in Colombia la tensione continua ad aumentare, dall’inizio dell’anno sono stati compiuti 11 massacri e 21 leader politici, sindacali, contadini, afrodiscendenti e indigeni sono stati assassinati. Il primo omicidio di un ex combattente delle Farc del 2021 è avvenuto nel Caqueta, la regione dove Mario lavorava con la Missione di Pace dell’Onu, dove Duvan Galindez Nadia è stato freddato con colpi d’arma da fuoco in un ristorante di Cartagena del Chairá. L’impunità di questi crimini in Colombia è quasi totale: tra l’86% e il 94% degli omicidi rimane impune, percentuale che sale al 95% se si considerano i 310 omicidi di leader sociali del 2020.

In Colombia si uccide chi si batte a favore dei diritti umani, della pace e della giustizia sociale senza che questo comporti sanzioni o pene per gli esecutori e i mandanti politici. Continuare a cercare la verità riguardo la morte di Mario Paciolla significa anche scalfire il muro di omertà e impunità che avvolge il regime di Ivan Duque in Colombia e accendere un riflettore sul massacro di attivisti che cercano giustizia nel contesto di un conflitto militare che non è mai cessato e, anzi, vive una delle fasi più violente degli ultimi anni.