La piena tutela dell’articolo 18 per tutti i neoassunti dopo i primi tre anni di contratto a tutele crescenti. È questo l’emendamento chiave dei sette che la minoranza Pd ha presentato al Jobs Act. Gli altri sei riguardano ugualmente l’articolo 4 della contestatissima delega approntata al Senato, e toccano altri nodi importanti, come la videosorveglianza, il demansionamento, gli ammortizzatori sociali. Molto più nutrito il pacchetto proposto da Sel, con ben 350 emendamenti, a tutto il testo e non solo all’articolo 4.

Il primo emendamento chiede quindi di chiarire quanto nella formula scritta dai relatori è stato lasciato volutamente ambiguo, non venendo citata mai la parola «reintegro». Ponendo il limite temporale dei tre anni, prima che venga maturato l’articolo 18 (e sempre che il datore di lavoro non ti abbia licenziato, potendolo fare, un giorno prima), ci si avvicina quindi alla proposta originaria del Pd, mutuata da Boeri-Garibaldi, che parlava però di un contratto di inserimento (che avrebbe cioè dovuto essere affiancato all’attuale tempo indeteminato, lasciandolo intatto).

Bisognerà capire (se mai ce ne sarà occasione, dipende dalla fortuna di questo emendamento) se il riferimento alle tutele «crescenti» per la minoranza Pd vorrà dire inserire un indennizzo economico durante i tre anni, direttamente proporzionale all’anzianità, che “sanzioni” in qualche modo anche il licenziamento avvenuto prima della maturazione dell’articolo 18.

Quanto alla videosorveglianza, si chiede che avvenga solo sugli impianti, e non sui lavoratori. Demansionamento: si potranno cambiare le mansioni di un lavoratore, in caso di riorganizzazione, ristrutturazione o conversione aziendale, ma solo sulla base di «parametri oggettivi» e comunque soltanto in presenza di un accordo tra le parti, con contratto collettivo o aziendale.

Per i voucher, o buoni lavoro, si dà l’ok per continuare a utilizzarli, ma senza una liberalizzazione selvaggia: va confermato il tetto di 5 mila euro di reddito all’anno, per evitare che questo strumento possa sostituire rapporti di lavoro più strutturali.

Ancora, per evitare che si smontino le tutele senza riformare in modo serio gli ammortizzatori, si chiede che i due pilastri siano contestuali: prima la riforma degli ammortizzatori, con tanto di specificazione delle risorse e l’individuazione delle politiche attive – dice un emendamento – poi la revisione delle tipologie contrattuali.

La minoranza Pd chiede che il contratto a tempo indeterminato venga promosso come «forma privilegiata di contratto di lavoro», rendendolo «progressivamente più conveniente rispetto agli altri tipi di contratti in termini di oneri diretti e indiretti».

Si chiede poi di verificare la rispondenza delle tipologie contrattuali all’attuale contesto del mercato, cancellando quelle «inutili». Infine, Laura Puppato propone di dare rappresentanza ai lavoratori nei Cda delle aziende con più di 50 dipendenti: «Una misura già prevista in Germania», dice la senatrice Pd.

Gli emendamenti di Sel, spiega Giorgio Airaudo, sono molti di più: «Perché vogliamo che il governo chiarisca tutta la delega: è troppo ampia e scritta in modo generico. Mentre Renzi parla di “cambiamento violento”, con uno stile incendiario, è un bene che si propongano emendamenti che spingano a svelare il suo piano». Quale piano? Secondo il deputato di Sel, «Renzi sta portando avanti il programma conservatore dell’austerity Ue, altro che innovazione».

Sel propone un periodo di prova dai 6 mesi in su («ma 3 anni ci sembrano eccessivi»), prima di maturare l’articolo 18. Dice no alle telecamere per controllare i lavoratori, al demansionamento («taglio dei salari sotto ricatto della crisi») e chiede chiarezza, «ma soprattutto risorse», per ammortizzatori universali.