Restare fuori dalle melense consolazioni di popolo o dai siparietti che mantengono viva la maniacale visibilità di gregge, e allo stesso tempo dimostrare di essere vivi nell’imperante conformismo spettacolare, dovrebbe essere l’attitudine dell’artista. Giorgio Canali è così, senza inganni, diretto, scontroso quando esce dalle zone d’ombra e va incontro all’apocalisse. In quest’anno mefistofelico, Venti è il titolo del suo nuovo album con i Rossofuoco. Si prende tutte le libertà liriche di un cantautore, manda affanculo, liquida servi e stronzi ma nelle forme magnetiche del rock (Morire perché, Inutile e irrilevante). Le parole imperversano sul punto con iperboli poetiche e polemiche, possano essere condivise o meno. Questa volta però, sarà la lunghezza (20 tracce), le canzoni si caricano di un’energia brutale e di sensazioni crepuscolari ma poi a tratti sembrano non trovare lo sfogo liberatorio di altri suoi dischi (Acomepidì, Come quando non piove più). La malinconia e l’incazzatura sono sempre le sue, uniche e potenti, la formula in certi casi comincia a sentire la stanchezza.