Al nuovo partito servono una visione del mondo, nuove pratiche, molta generosità e molta innovazione. Il rischio è che si perda il senso del perché proviamo a costruire un nuovo partito. Lo facciamo perché è insopportabile che il mondo in cui viviamo sia condannato all’aumento impetuoso della diseguaglianza, perché il mondo impazzisce in un modello di crescita che va ripensato radicalmente, e nelle guerre, nel terrorismo».

Nicola Fratoianni, coordinatore di Sel è forse il più esposto della famiglia vendoliana nella costruzione del nuovo partito che si riunisce oggi per la prima volta a Roma (Palazzo dei Congressi dalle 16). Chiediamo di iniziare il ragionamento dal «documento dei 100» (vedi il manifesto di ieri), di fatto la nascita di un’area di dissenso in cui molti amministratori locali, fra cui tre sindaci e almeno dieci deputati, chiedono di non buttare via «le comunità locali e i territori» nella start up della nuova cosa. «Serve tutta Sel, certo», replica, «ma servono anche nuove idee».

Il timore dei sindaci è sbagliato?

Tutte le esperienze sono decisive, dalle amministrazioni che hanno dato risultati alle reti sociali. Ma nella scommessa di un grande cambiamento.

Quando dice ’nuove pratiche’ significa che un documento che marca un dissenso è una pratica di vecchia politica?

No, nessuna polemica. Ogni testo è un contributo e quello «dei cento» per me è in larga parte condivisibile. Anche perché questa tre giorni è un avvio. Il partito lo faremo a dicembre, e lì discuteremo di ogni punto. Ci sarà anche un terreno di confronto, forse di battaglia politica. Non mi spaventa né scandalizza. Ma evitiamo di riprodurre lotta politica come una coazione a ripetere sempre attorno agli stessi nodi. Vorrei confrontarmi su cosa pensiamo delle soluzioni alla diseguaglianza, dell’Europa, della crisi, sulla democrazia. Quando dico nuove pratiche penso proprio a una discussione su cos’è oggi il territorio, come si fa nuovo mutualismo, come si fa la democrazia. Su questo possiamo appassionare qualcuno, sul resto credo di no. Il punto non è rifare la somma di quel che c’è, ricomporre, ma comporre, come scrive Aldo Carra. Sanders negli Stati uniti ottiene qualche successo sulla base di uno slogan semplice: quando è troppo è troppo.

Non c’è il rischio che per non fare una somma vi toccherà fare una sottrazione, cioè che perdiate qualcuno, proprio dalle città, per esempio a Milano e Cagliari?

Ma perché, se siamo d’accordo che dobbiamo costruire un soggetto autonomo e alternativo a questo stato di cose? È questa la discussione che voglio fare. Essere alternativi a Renzi è necessario perché il Pd propone politiche che vanno esattamente nella direzione delle diseguaglianze. Ha ragione il professore Carlo Galli: chiudiamo la discussione sui rapporti con il Pd, evitiamo che parlare sempre di questo sia una scusa per l’immobilismo permanente e per non discutere mai di quale radicale alternativa oggi serve per dare qualche risposta utile.

In parlamento siete all’opposizione del Pd, ma in molte città avete governato con il Pd. Non è che lì la ’radicale alternativa’ non è solo al Pd ma anche a quello che è stata Sel fino a qui?

In molte città Sel è stata al governo ed oggi ha deciso un profilo alternativo, non è per capriccio ma perché ha fatto una valutazione di quell’esperienza. Senza automatismi ma dentro un dato di realtà. Faccio un esempio: il 17 aprile voteremo per il referendum contro le trivelle. Sinistra italiana sarà lì. Così come poi ci batteremo per il no alla riforma costituzionale. Dove saranno i sindaci e gli amministratori del Pd?

Molti si sono schierati contro le trivelle.

Questo è un elemento positivo. Speriamo se ne aggiungano altri. E comunque il percorso nuovo si apre domenica e non può aver risolto ogni contraddizione.

Alla vostra assemblea ci saranno i sindaci Pisapia e Zedda?

Sì, Giuliano sabato e Massimo domenica.

Un documento di Act ironizza sul problema di «convincere qualche parlamentare». Qualcuno fra voi occhieggia al grillismo e alla contrapposizione fra militanti e ceto politico?

Sono piovuti molti contributi e sono tutti un segno di vitalità. Ci sono tanti e tante, diversi tra loro, che vogliono confrontarsi. È sempre un bene. Ma è un errore alimentare questa contrapposizione. La ricostruzione di una forza politica della sinistra in Italia non è un pranzo di gala. Parlo per Sel e per i parlamentari di Sinistra italiana: non vogliamo nessuna medaglietta, ma dobbiamo tutti sapere che il lavoro di questi anni, con i suoi limiti e errori, ha tenuto testardamente aperta la porta che oggi ci consente di provare a ricostruire. Naturalmente tutto questo funziona se ognuno capisce la propria non autosufficienza. Intendo dire: se fosse andato tutto bene, se quello che c’è bastasse, non saremmo qui a fondare un nuovo partito.

Come vi organizzerete di qui a dicembre?

La partecipazione all’assemblea si preannuncia massiccia. Ma non sarà un’assemblea congressuale perché non è fatta per delegati e non si misura con il voto. Definiremo insieme strumenti che ci consentono di accompagnare la fase che ci porterà al congresso di dicembre. Proveremo a individuare un comitato promotore, tappe e qualche elemento di orientamento per avviare la fase di organizzazione nei territori. Naturalmente in forma aperta: intanto perché speriamo di trovare tanta altra gente per la strada, di qui a dicembre; e poi perché la discussione sul modo in cui si organizza, le forme con cui si ripensa, è tutta da fare. Posso dire come la penso io: penso che ci vuole un partito. Non vuol dire farne uno uguale a quelli che abbiamo conosciuto fin qui. Ma ci vuole una forza, un rapporto di radicamento nei corpi sociali, nei territori, che sia in grado di produrre fatti, iniziative e non solo una proposta generale. Venerdì e sabato nel tardo pomeriggio dedicheremo due lunghe plenarie in cui il focus sarà proprio sul processo politico. Sabato mattina ci sarà un laboratorio sulla piattaforma digitale, uno strumento che aiuta questo processo. Voglio dirlo: nessuno immagina che l’online sostituisca la politica, le relazioni e i corpi.

Farete una proposta a chi non ha aderito?

Proponiamo di andare a fondo sulle ragioni per cui oggi in Italia è necessario costruire una forza autonoma e di sinistra, per rompere l’anomalia di un’Europa in cui la sinistra torna in Spagna, Portogallo, Grecia, persino Gran Bretagna, addirittura forse negli Stati uniti, e invece in Italia no.

Mantenete la condizione che chi aderisce dovrà sciogliere la sua organizzazione?

Almeno dovrà rendersi disponibile al fatto che questo processo proponga una forza nuova. Dobbiamo mettere in discussione teorie, pratiche, punti di vista, e anche strutture perché banalmente abbiamo visto che tutte e ciascuna sono inadeguate. Lasciarle in vita è un ostacolo, riprodurrebbe quello che abbiamo già visto molte volte. A dicembre dobbiamo dichiarare che è finita l’era degli accrocchi a sinistra. L’era dei cartelli elettorali e delle discussione sequestrate dalle sigle.

Un’ultima cosa: da destra è in corso un’ignobile campagna sulla persona di Nichi Vendola. Come la vivete?

Come il segno di un paese in cui la meschinità e la violenza occupano lo spazio della discussione e del confronto. È vergognoso, inaccettabile, irrispettoso non solo di una persona ma di un intero paese che discute di grandi questioni ma non deve essere costretto a farlo dentro questa barbarie.