Non è una retromarcia quella dei vescovi italiani sul ddl Zan contro l’omotransfobia, ma un leggero cambio di rotta sì.
Se infatti fino ad ora la legge era stata definita «liberticida» e pericolosa per «le scelte educative, il modo di pensare e di essere, l’esercizio di critica e di dissenso» e si chiamavano i cattolici – dentro e fuori le aule parlamentari – a fare le barricate contro l’approvazione, negli ultimi giorni il cardinale presidente della Conferenza episcopale italiane, Gualtiero Bassetti, ha fatto di dichiarazioni più concilianti.

Domenica, all’uscita dalla messa per gli operatori dell’informazione nella giornata per le comunicazioni sociali celebrata nella chiesa romana di Santa Maria in Montesanto, il capo dei vescovi italiani ha detto che la legge per contrastare l’omotransfobia «andrebbe più corretta che affossata». Il ddl, ha aggiunto Bassetti, «potrebbe essere scritto meglio perché la legge dovrebbe essere chiara in tutti i suoi aspetti, senza sottintesi, chiedo solo chiarezza».

Concetti ribaditi ieri, in un’intervista al Corriere della Sera. «Che ci si ponga il problema di difendere le persone omosessuali da insulti omofobi, aggressioni o violenze, per me non è né è mai stato un problema, ci mancherebbe. Però la legge deve essere chiara e non prestarsi a sottointesi». In particolare il presidente della Cei chiede che «che nella formulazione non si sconfini in altri campi, in terreni pericolosi come la cosiddetta identità di genere», una «confusione antropologica» che «mette in discussione la differenza uomo-donna» e che «per noi è inaccettabile». Questo non significa «che non si debbano accettare o accogliere le scelte diverse, le varie situazioni esistenziali, le fragilità». Ma, conclude Bassetti, «da cittadino noto che il testo è scritto male. Secondo me la tutela da queste situazioni era già contenuta nelle leggi esistenti ma se si vuole accentuare, si accentui: nel senso della protezione, però. Con chiarezza e senza ambiguità».

La sostanza, quindi, è la stessa: la legge è superflua, perché, sostiene Bassetti, esiste già «una legislazione sufficiente a tutelare le persone contro le discriminazioni e le violenze». Ma i toni sono diversi e più concilianti rispetto a qualche mese fa, quando la Cei sosteneva che il ddl Zan introducesse un «reato di opinione» e che intendesse «sottoporre a procedimento penale chi ritiene che la famiglia esiga per essere tale un papà e una mamma».

Conciliazione che però potrebbe nascondere una strategia. Se infatti il ddl, già approvato alla Camera, dovesse essere modificato al Senato, lo stesso dovrebbe poi tornare a Montecitorio per una nuova lettura, allungando i tempi in maniera imprevedibile e mettendo a rischio l’intero provvedimento.

Ieri intanto nel mondo cattolico e cristiano di base (in Italia e nel mondo, dalla Polonia alla Spagna, dall’Ungheria al Cile) si sono svolte, come ormai avviene dal 2007, veglie di preghiera e culti evangelici per fare memoria delle vittime della violenza dell’omofobia e della transfobia. E se quindici anni fa si celebravano in maniera quasi clandestina, perché le porte della maggior parte delle chiese cattoliche restavano chiuse – tranne poche eccezioni da parte di alcuni preti di frontiera che sfidavano anche i divieti dei propri vescovi –, ora la situazione è decisamente cambiata: ci sono state veglie «autorizzate» in decine di città italiane, da nord a sud; quella di Civitavecchia è stata presieduta dal vescovo, monsignor Giovanni Ruzza, a Milano vi ha partecipato anche il vicario episcopale, monsignor Luca Bressan.