Tripoli è una città divisa in due. Da una parte, il Consiglio nazionale generale (Cng) di Khalifa al-Gweil, dall’altra, nella base navale di Abu Sittah, il Governo di accordo nazionale (Gna) di Fayyez al-Serraj.

Il nuovo premier ha confermato che sarà proprio la base dove è sbarcato lo scorso martedì ad ospitare l’esecutivo, nato dalla mediazione delle Nazioni unite e sostenuto da Usa e Ue. Il terzo premier libico, insieme a Gweil a Tripoli e al-Thinni a Tobruk, si è presentato come l’unico baluardo contro la presenza dello Stato islamico (Isis) in Libia. Il governo unitario si è auto-proclamato con una dichiarazione del Consiglio di presidenza, composto da nove membri, ma senza i voti dei due parlamenti libici.

In realtà il suo esecutivo non cancella gli altri due governi libici, anzi si sovrappone ad essi. Al-Serraj non solo non ha ottenuto alcun riconoscimento da parte delle Camere di Bayda e Tobruk ma ha anche tutta l’ostilità di Tripoli. Non solo, il governo al-Serraj è diventato il simbolo concreto della longa manus occidentale in Libia. In altre parole, Usa e Ue non hanno saputo consolidare il controllo sul paese attraverso i tentati golpe di Haftar e ci provano ora imponendo questo nuovo esecutivo e alimentando il caos.

È pur vero che la mediazione internazionale ha portato a Tripoli un nuovo governo, impresa che non era riuscita all’auto-proclamatosi capo delle Forze armate libiche. Ma la strada per al-Serraj è tutt’altro che in discesa. Khalifa Ghweil ha immediatamente proclamato lo stato di emergenza a Tripoli e intimato ad al-Serraj di consegnarsi alle autorità locali definendo «illegale» il loro sbarco in Tripolitania. Per giorni i check-point imposti dal Cng avevano impedito l’ingresso in Libia dei 30 membri del Governo unitario. Anche la strada che da piazza dei Martiri, nel centro di Tripoli, conduce all’aeroporto di Mitiga è stata bloccata per giorni.

L’arrivo dell’esecutivo forgiato dalle Nazioni unite, partito dalla Tunisia e sbarcato lo scorso mercoledì a Tripoli, ha anche innescato cruenti scontri tra milizie. Le milizie di Salah Badi hanno attaccato le brigate che in un primo momento si erano dette disposte a difendere l’incolumità del nuovo esecutivo. Colpi di artiglieria si sono uditi per tutta la notte nei pressi dell’aeroporto di Mitiga. Poco dopo l’avvertimento di Gweil a Serraj di lasciare Tripoli, la sede della televisione Nabaa, è stata assalita da libici, attivati dalle milizie. Il canale televisivo aveva trasmesso la conferenza stampa del premier islamista. Il canale, insieme alla tv Tanasuh, è di proprietà della famiglia del premier di Tripoli. Sembra che l’edificio, nei pressi del mercato (Suq al-Juma) sia stato controllato per ore dai miliziani.

Le sparatorie sono andate avanti ad intermittenza anche nella giornata di ieri, ma secondo l’agenzia egiziana Mena, nel primo pomeriggio sarebbe tornata la calma in città. Le prime reazioni internazionali all’insediamento formale del governo unitario sono state ovviamente di grande soddisfazione. Il mediatore Onu, Martin Kobler, ha parlato di «passaggio importante sulla strada della transizione libica». Per l’inviato Onu sarebbe ora necessario un «pacifico e ordinato passaggio di poteri» al governo di unità nazionale. Invece dagli Usa è arrivato l’appello affinché le istituzioni già esistenti, incluse quelle finanziarie, «facilitino» l’insediamento di al-Sarraj.

Secondo il segretario di Stato Usa, John Kerry, «non è il momento per gli ostruzionisti di frenare l’esecutivo», tutti i libici dovrebbero lavorare «per una Libia pacifica e più prospera». Poche settimane fa, era stato reso noto il piano del Pentagono di attacchi contro decine di obiettivi sensibili in Libia, poi ridimensionato dall’amministrazione Obama. Anche il premier Renzi, ha salutato con favore l’insediamento del nuovo esecutivo. Il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, ha parlato di «un altro passo avanti per la stabilizzazione della Libia». Fin qui il governo italiano, sebbene abbia favorito il processo di mediazione e i negoziati, si è mostrato appiattito sulle posizioni francesi ed egiziane di sostegno al parlamento della Cirenaica pur continuando a dialogare con le autorità di Tripoli.

Il governo islamista moderato si è dimostrato utile sia nel contenimento del business delle migrazioni sia nel mediare la liberazione di due dei quattro ostaggi italiani, dipendenti della Bonatti, liberati a pochi giorni dai raid Usa sulla città di confine tra Libia e Tunisia di Sabratha.