Giove pluvio deve essere il sindacalista fra gli dei. Per il secondo sabato di manifestazione le previsioni vengono smentite e al posto della pioggia annunciata c’è il sole ad accogliere i lavoratori arrivati da una penisola in gran parte sott’acqua.

Rispetto al 25 ottobre il serpentone si snoda dalla stessa piazza – «Repubblica» o «Esedra», a seconda delle interpretazioni – ma all’ora di pranzo, o quasi. E anche questa volta il corteo parte in anticipo. Il colpo d’occhio è imponente, il rosso Cgil domina solo leggermente sul blu della Uil e sul biancoverde della Cisl.

La dimostrazione plastica che oramai i (sempre più carenti) servizi pubblici non sono più tenuti in piedi da dipendenti pubblici garantiti e che, di conseguenza, i sindacati non cercano di tutelare più solo i 3,3 milioni di lavoratori direttamente stipendiati dallo Stato o dalle sue emanazioni viene data osservando gli striscioni presenti alla manifestazione: cliniche e strutture sanitarie convenzionate, cooperative sociali che spaziano dalla sicurezza alle scuole, lavoratori delle cancellande Province. «Adesso siamo diventati Eav, che sta per ente di area vasta. Non sappiamo neanche cosa significa e abbiamo veramente paura per il nostro posto di lavoro», racconta Giovanna, 46enne di Potenza, iscritta alla Cisl.

Insomma, la figura del travet ministeriale fancazzista e non licenziabile è un luogo comune desueto: buona parte dei manifestanti è precaria o a rischio mobilità involontaria.

In più, i sei anni di blocco contrattuale iniziano a diventare «insostenibili» per tutti «i garantiti del ministro Madia», come autoironicamente si defiscono insegnanti, guardie carcecarie e Vigili del Fuoco. I pompieri sono l’unico comparto delle forze dell’ordine presente in piazza. Scendendo per via Barberini, azionano la sirena blu sistemata su un modellino di camion di cartone che spingonoc superando sulla destra il corteo . «Alle forze dell’ordine Renzi ha promesso lo sblocco del contratto, ma noi non sappiamo ancora se lo sblocco vale anche per noi: sarebbe veramente una beffa inaccettabile», sintetizza Cinzia, unica donna del gruppetto.

Il mondo della scuola primeggia come presenza e fantasia. Da via Sistina si alza il coro: «Giro, girotondo, casca il mondo, casca la terra, Renzi va per terra». Il premier è il bersaglio di un’infinità di magliette, striscioni, slogan. Se la scuola è la sua priorità, non sembra aver convinto chi la scuola la manda avanti tutti i giorni. Insegnanti e Ata (gli assistenti tecnici amministrativi che hanno sostituito i bidelli) sono habitué delle proteste di piazza contro i governi.

Lo striscione della Flc di Siracusa sta lì a dimostrarlo con le date che Salvo ha raccolto sul lato interno: se ne contano 25 in 4 anni, dalla prima di Palermo il 20 maggio 2010 all’ultimo dello scorso 25 ottobre. «La scuola non è fatta solo di muri, che fra l’altro Renzi ha solo promesso e non ha ancora aggiustato», racconta lui che lavora da 38 anni in una scuola – «ora istituto comprensivo» – di Pachino. «Io vedo insegnanti che ogni giorno vanno avanti solo per la passione che hanno per il loro lavoro: non hanno strumenti, non hanno autonomia, non hanno niente. E i ragazzi lo capiscono».

La strettoia che costeggia Villa Borghese è un tappo per il corteo. Il sole dell’autunno più caldo da secoli scalda i manifestanti che per avanzare camminano di lato finendo nelle pozzanghere, ricordo del nubifragio di giovedì.

La voglia di scendere in piazza c’è – eccome – nei lavoratori Uil. Roberto, 39 anni romano, è un delegato della federazione del commercio: «Sono venuto per stare vicino ai miei colleghi e perché sì, c’è tanta voglia di manifestare. Non so se arriveremo allo sciopero generale, ma di sicuro i lavoratori di tanti comparti sarebbero contenti». Lui, come moltissimi altri, ha legato alla mano il palloncino fornito dalla Uil con Renzi a forma di Pinocchio con la scritta “Renzi stai sereno”. «Ultimamente è nervoso con noi sindacati, si deve calmare», spiega Roberto.

Fatte le dovute proporzioni, il successo del 25 ottobre è bissato. Piazza del Popolo è gremita anche se non pienissima. Ma è inconfutabile il fatto che alle 4 e mezzo, quando i segretari generali prendono la parola, ancora molta gente sta scendendo dal Pincio che sovrasta la piazza. Nel retropalco la soddisfazione per la «riuscitissima mobilitazione» è palpabile.

L’unico momento di tensione accade quando a fondo piazza viene acceso un fumogeno verde-blu mentre parla Barbagallo. Il fuggi fuggi per ripararsi dal fumo è generale. L’unico a non fare una piega è Sauro, 44enne modenese con la felpa della Fiom: «Sono qua per fare compagnia ai miei amici, io in piazza ci sto sempre volentieri».