Il calcio italiano riparte dagli allenamenti collettivi. O almeno, dovrebbe. Dal 18 maggio è previsto il ritorno in campo a ranghi completi per i club di Serie A, dopo oltre due mesi di stop per la furia del Covid-19. Dopo alcuni giorni di training individuale degli atleti, ora in campo tutti assieme. Ma arriva ancora il messaggio di estrema prudenza, come si evince nella dichiarazioni congiunte del ministro dello sport, Vincenzo Spadafora, il “nemico” delle ultime settimane dei club, della Figc per il ritorno del pallone (che ieri sera ha precisato: «Per sapere se il campionato di calcio potrà riprendere bisognerà aspettare almeno un’altra settimana per vedere come procede la curva dei contagi e poi poter decidere»), e il ministro della salute, Roberto Speranza. È stata quindi, se non convincente, almeno positiva la relazione al governo del Comitato Tecnico-Scientifico, incaricato dall’esecutivo, sul protocollo di sicurezza per gli allenamenti collettivi predisposto dalla commissione medica della federcalcio.

Un punto di partenza, ma ci sono delle indicazioni, da parte del Cts, ritenute stringenti e vincolanti, come hanno espresso entrambi i ministri, che ora saranno trasmesse alla federcalcio per l’adeguamento del protocollo sanitario. Non mancano i punti critici, anzi restano sempre gli stessi: in caso di positività (decine di casi negli ultimi giorni in Italia) la quarantena di 14 giorni sarà per tutta la squadra, diversamente dal modello tedesco che prevede l’isolamento di una sola settimana dell’atleta affetto dal Covid-19. Alto il rischio dunque di non riuscire a completare il calendario di Serie A, che conta altre 13 giornate, con chiusura obbligata, sancita dall’Uefa, il 2 agosto. Senza contare l’umore di club come la Spal che ha già preannunciato battaglie legali, in caso di retrocessione a tavolino (al momento sarebbe tra le tre retrocesse), se il torneo non dovesse ripartire. In più si va verso un ritiro continuo fino a fine campionato («una bolla sterile in isolamento, come una grande famiglia», l’ha definita la sottosegretaria alla Salute Sandra Zampa) mentre tutta la responsabilità del protocollo sarà demandata al medico sociale della squadra.

Dunque, si è all’ultimo snodo per i presidenti dei club e per la federcalcio per ripartire, salvaguardando, almeno in parte, il tesoretto economico in arrivo dalle tv a pagamento, necessario per ripianare il bilancio di tanti club della massima serie e non solo. Anche se le tifoserie organizzate da settimane mostrano mediaticamente il loro disappunto per il ritorno della serie A, mentre il paese conta ancora centinaia di vittime quotidiane. In sostanza, la mossa di Spadafora e Speranza è un moderato passo in avanti dopo allenamenti individuali dei calciatori, tra termoscanner e mascherine, all’entrata e uscita dai centri di allenamento. Ma anche un compromesso, in attesa dei primi dati sui contagi sulla fase 2. Certo, la decisione dei due ministri del governo sulla ripartenza degli allenamenti collettivi, che dovrebbe portare al via dei campionati, segue anche il clima di apertura in Europa degli ultimi giorni. Tra quattro giorni riparte in Germania la Bundesliga, con le squadre che si sono piazzate in isolamento obbligatorio per una settimana, dopo essersi sottoposti al test per il Covid-19 e con l’obbligo di seguire le disposizioni di un rigido protocollo, per esempio rassettando da soli i letti d’albergo, senza entrare in contatto con il personale della struttura.

Soprattutto, ieri è stata la giornata del restart della Premier League. Il torneo inglese, il più ricco del mondo, fermatosi a metà marzo, ripartirà intorno alla metà di giugno, rigorosamente a porte chiuse, con il rompete le righe deciso dal premier Boris Johnson e dal governo di Sua Maestà allo sport professionistico dal 1° giugno. Certo, anche in questo caso il calendario compresso, con nove partite per club in poche settimane. Sebbene i casi di positività non manchino anche nella stessa Premier, l’ultimo al Brighton.