Ora è ufficiale: Sérgio Moro è «suspeito», cioè colpevole di aver operato con parzialità nei confronti dell’ex presidente Lula. Così ha deciso martedì la seconda sezione del Supremo Tribunale Federale dopo il voto di Nunes Marques e quello nuovo e decisivo di Cármen Lúcia.

Si chiude in questo modo, con la completa disfatta dell’ex giudice simbolo della Lava Jato, il giudizio sulla sua parzialità che era iniziato già alla fine del 2018, si era interrotto con il risultato di 2 a 0 a favore di Moro, era ripreso il 9 marzo subito dopo la cancellazione delle condanne di Lula ed era stato di nuovo sospeso, quando il punteggio era di 2 a 2, su richiesta di Nunes Marques – entrato in carica solo a novembre, e su indicazione di Bolsonaro – per avere più tempo per studiare il processo.

O, meglio, per capire quale delle due possibili decisioni – salvare Moro, ormai inviso a Bolsonaro, o favorire Lula, il suo più temibile avversario – sarebbe risultata più gradita al presidente. E la decisione è stata quella di votare a favore dell’ex giudice di Curitiba, con la motivazione, tra l’altro, dell’inammissibilità di prove ottenute con mezzi illeciti come le conversazioni hackerate tra Moro e i procuratori della task force della Lava Jato. Argomento, questo, subito smontato da Gilmar Mendes, il quale, dopo aver definito il collega un «codardo», ha fatto notare come il ricorso della difesa di Lula non si basasse affatto sulle intecettazioni di quei messaggi ma su prove pubbliche e note.

A quel punto, tutto era nelle mani di Cármen Lúcia, che, dopo aver votato insieme a Fachin, nel 2018, contro la parzialità di Moro, aveva espresso già il 9 marzo l’intenzione di ripetere il voto. Che, stavolta, ha affossato l’ex giudice ed ex ministro della giustizia: «Tutti hanno diritto a un processo giusto da parte di un giudice e di un tribunale imparziali», ha dichiarato la ministra evitando di rivolgere critiche alla Lava Jato, su cui invece avevano infierito sia Mendes che Lewandowski .

Una decisione di incalcolabile importanza, sia simbolica che pratica, per Lula. Perché, al di là della rovinosa caduta del suo avversario – il giudice che lo ha perseguitato e umiliato e derubato del suo sogno di tornare alla presidenza -, il riconoscimento della sua parzialità comporta l’annullamento dell’intero processo «del triplex» (l’appartamento di tre piani a Guarujá che non gli è mai appartenuto), il quale dovrà ora ripartire da zero, salvo (probabile) prescrizione, presso la giustizia del Distretto federale.