Serena Sorrentino, segretaria generale della Fp Cgil, perché siete in piazza?
La manifestazione unitaria dà visibilità a una campagna che portiamo avanti da un anno anche con una petizione on line con proposte portate all’attenzione della ministra Bongiorno: contratti, piano straordinario di assunzioni e investimenti sul welfare. Molti dei provvedimenti del governo, anche se non direttamente relativi ai servizi pubblici hanno ricadute sui nostri settori con conseguenze per tutti i cittadini. La nostra vertenza per il rinnovo dei contratti – quello della sanità privata non viene rinnovato da ben 12 anni – si unisce a una battaglia più generale sul potenziamento dei servizi pubblici: chiediamo un piano straordinario di assunzioni – anche per gli effetti di Quota 100 che sta svuotando gli uffici pubblici -perché la prima misura con la quale verifichiamo se si investe o meno nel settore pubblico riguarda l’occupazione. Assieme a contratti e assunzioni ci sono anche le condizioni di lavoro, in particolare salute e sicurezza: i Vigili del fuoco, nessuno lo sa, sono dipendenti pubblici a cui è negata la copertura Inail anche se sono quelli che ne hanno più bisogno: basterebbe una norma di Salvini, ma Salvini ha altre priorità.

È stato ventilato un taglio in manovra sul capitolo sanità.
Sul fronte delle risorse investite per potenziare il welfare siamo ai tagli che oramai si palesano in modo plateale, come appunto il taglio di 3,5 miliardi in manovra sul capitolo sanità. La sanità già oggi è a rischio collasso. Tagliare ulteriormente il Fondo sanitario nazionale sarebbe catastrofico, il Fondo è finanziato in percentuale sul Pil con un vero controsenso: visto che il Pil non cresce già sappiamo che nei prossimi tre anni ci sarà una diminuzione delle risorse. Siamo già al 6,6% di spesa e quindi sotto quella soglia del 7% che l’Ue individua per dichiarare sostenibile il sistema sanità. Già ora chiudiamo reparti e distretti sanitari, se arriva un ulteriore taglio saremmo al blocco delle attività. In più senza assunzione di medici abbiamo già visto risposte emergenziali sbagliate come quelle di richiamare i pensionati in Veneto e in Molise o di utilizzare i medici dell’esercito.

C’è poi il decreto Crescita che vi tocca direttamente, la rilevazione biometrica – le impronte digitali – mentre nello Sbloccacantieri c’è la videosorveglianza in asili e residenze assistite per anziani.
La ministra Bongiorno cerca di risolvere il problema dell’assenteismo – che nel pubblico ha gli stessi tassi del settore privato – utilizzando controlli invasivi che faranno arricchire solo le ditte che forniranno gli strumenti per la rilevazione. Per noi il problema è l’ideologia che sta dietro l’esaltazione dei controlli: c’è un’idea vecchia, ante Brunetta, che vuole accertare la presenza del dipendente pubblico senza interessarsi della sua attività e di come la esercita. Alla ministra diciamo: invece di spendere risorse ingenti per installare in ogni amministrazione il sistema biometrico, perché non le usiamo per fare formazione al personale e dotarlo di software che possano far dialogare le banche dati dei vari comparti della Pa? Il tema delle impronte è propaganda, non riforma. C’è poi la questione della privacy: all’inizio si parlava di un controllo tramite smartphone e dunque sarebbe stato difficile limitare l’accesso ai dati personali del dipendente. Ora di un algoritmo. Ma senza un confronto con i lavoratori e noi sindacati non si rispetta lo Statuto dei lavoratori sul tema dei controlli, anche di quelli a distanza.

Anche Quota 100 e Reddito di cittadinanza sono misure che hanno grande impatto sui lavoratori che rappresentate. Come le valutate?
Spirito giusto, realizzazione da correggere. Entrambe rischiano di avere conseguenze molto negative. E credo che stiano fallendo proprio perché sono state concepite senza ascoltarci. Quota 100 ha un tiraggio molto più basso delle aspettative perché c’è un disincentivo implicito ad uscire prima e non modifica la Fornero. Il Reddito di cittadinanza non funziona perché non riforma il sistema di politiche attive.

Un altro tema su cui vi siete molto battuti in questi mesi sono gli effetti del decreto sicurezza che ha messo a rischio 18mila posti di lavoro nel settore dell’accoglienza dei migranti.
Sì, la nostra mobilitazione contro la chiusura di molte strutture della cooperazione e dell’accoglienza e di centri per richiedenti asilo, gli Sprar e i Cas è comunque servita. Abbiamo appena sottoscritto un contratto di solidarietà che evita 350 licenziamenti già previsti alla Medihospes, una delle più grandi società del settore, tramite un contratto di solidarietà per 900 lavoratori. La vera beffa per il governo è che il ministero dello Sviluppo gestisce le crisi create dal ministero dell’Interno: Di Maio deve salvare i lavoratori licenziati da Salvini.

Lei è appena rientrata dall’Irlanda dove ha incontrato i suoi omologhi europei. Dieci anni fa si parlava di sciopero europeo dei dipendenti pubblici. E oggi?
Oggi in tutta Europa i governi cercano di limitare il diritto di sciopero con una disciplina più stringente sui servizi pubblici a livello di Commissione europea tramite direttive che puntano ad un’armonizzazione delle legislazioni dei vari paesi. Da noi va peggio: abbiamo grossi problemi di relazione con le controparti e con la Commissione di garanzia per la gestione della regolamentazione dello sciopero nei servizi essenziali. L’interpretazione della Commissione di garanzia è troppo spesso forzata e limitante, nella vertenza sulla sanità privata ad esempio abbiamo riscontrato l’impossibilità di trovare un’interpretazione comune sia in Abruzzo-Molise che in Lombardia con la conseguenza di dover spostare gli scioperi regolarmente proclamati. Quello della difesa del diritto di sciopero è un tema politico: dopo la riforma dell’articolo 18, lo sciopero è l’ultimo strumento rimasto ai lavoratori per bilanciare lo strapotere di amministrazioni e imprese. È un diritto non una concessione e nei servizi pubblici la regolamentazione serve per contemperare il diritto del lavoratore con la tutela del cittadino.