Serbia e Bosnia sono stremate. In soli tre giorni è venuta giù la pioggia che normalmente cade nell’arco di tre mesi. Mai era successo, negli ultimi cent’anni, che i fiumi dei Balcani si gonfiassero così tanto, trascinando via vite e cose. Finora sono state più di quaranta le vittime accertate. In Serbia sono stati rinvenuti sedici corpi. Dodici solo a Obrenovac, trenta chilometri a est di Belgrado. La Sava, affluente del Danubio, l’ha travolta. La situazione è grave anche a Valjevo, Loznica, Cacak, Sremska Mitrovica. Oggi e domani si terrà d’occhio il livello delle acque. Potrebbe salire, aggravando il disastro. Nella capitale, dove la Sava si consegna al Danubio, non dovrebbero esserci problemi. Così almeno si spera.

Circa trenta le persone decedute in Bosnia. Le aree più critiche sono quelle situate nel versante settentrionale e centrale del paese. Bijeljina, Doboj, Zeljezno Polje e Maglaj, Olovo: tutti questi centri urbani fronteggiano momenti difficilissimi. C’è molta preoccupazione anche a Brcko. Le case danneggiate, in tutto, sono diecimila.

Sempre dalla Bosnia arriva una notizia poco rassicurante sulle mine e i cartelli che avvertono della loro presenza: un’eredità inestinta della guerra degli anni ’90. A quanto pare le acque hanno smosso la terra, facendo affiorare vecchi ordigni e sradicando la segnaletica. Ci saranno contraccolpi sul processo di bonifica, che va avanti da anni, ogni giorno. Senza contare i pericoli derivanti da questa conseguenza collaterale delle piene, che in ogni caso va verificata meglio.

In breve: la situazione è devastante. Tale resterà anche nei prossimi tempi, anche quando i fiumi torneranno nei loro letti. Si dovrà ricostruire, riportare a casa la gente, assicurare nuovamente gli allacci elettrici. I raccolti agricoli sono persi, le attività industriali stenteranno a ripartire, imponendo una frenata a un’economia che ancora risente della crisi globale.
Ma intanto si guarda all’immediato, all’emergenza. Serbia e Bosnia, in parte anche la Croazia, hanno bisogno d’aiuto. La macchina dei soccorsi locali va integrata con gli sforzi internazionali. Stanno arrivando, dopo una prima fase di titubanza dovuta anche ai riflessi lenti della grande stampa, condannati in questi giorni, durante gli Internazionali d’Italia, dal tennista serbo Novak Djokovic, che è riuscito a sensibilizzare dando fondo a tutta la sua popolarità mondiale. Germania, Austria, Regno Unito, Russia, Turchia e anche l’Italia stanno stanziando denaro e inviando specialisti.

Anche i paesi della regione, con uno slancio di grande solidarietà panbalcanica, si danno da fare. A Obrenovac sono arrivati quaranta soldati montenegrini, con mezzi al seguito. La Macedonia ha inviato squadre di salvataggio, con settanta uomini mobilitati. Cinque le unità albanesi presenti sia in Serbia che in Bosnia. La Croazia ha messo a disposizione degli elicotteri militari nelle regioni sommerse della Bosnia. Ovunque si raccolgono soldi, con foga e generosità.