Le autorità del Tamil Nadu – sud-est dell’India – lo scorso weekend hanno intercettato la Seaman Guard Ohio, nave battente bandiera della Sierra Leone di proprietà della AdvanFort, società americana specializzata in operazioni anti-pirateria. I controlli sono scattati quando la nave è entrata nelle acque territoriali indiane – entro le 12 miglia nautiche – nei pressi del porto di Tuticorin, davanti alla costa dello Sri Lanka; una zona di mare turbolenta tra contrasti nazionali sui diritti di pesca e il mercato di contrabbando di armi, carburante e migranti cingalesi. La guardia costiera ha controllato carico e documenti, rilevando presunte irregolarità che mettono in luce il vuoto legislativo circa le operazioni private a contrasto della pirateria, un business che dal Golfo di Aden al largo della Somalia si estende per tutto l’Oceano Indiano fino a toccare l’estremo orientale del Golfo del Bengala, nei pressi dello Stretto di Malacca, braccio di mare dove le attività legate alla pirateria – e al contrabbando – sono molto diffuse.
Sulla Seaman Guard Ohio ci sono infatti 35 armi semi-automatiche, 5.680 munizioni e 1.500 litri di gasolio: carico per il quale, secondo le autorità indiane, non sono stati prodotti i permessi necessari. Per questo, dopo due giorni di interrogatorio, ieri è scattato il fermo per tutti i 35 membri dell’equipaggio, tra cui 25 guardie di sicurezza private: sei inglesi, 15 estoni, un ucraino e quattro indiani.
Il personale avrebbe violato una serie di norme sul possesso di armi a bordo e l’approvvigionamento di carburante. Ma dalla AdvanFort negano ogni irregolarità: «Le armi a bordo sono tutte completamente legali. Sono tutte registrate. Sono state comprate legalmente e utilizzate per proteggere le navi nell’area ad alto rischio (pirateria)» ha spiegato il presidente di AdvanFort, William H. Watson, all’agenzia di stampa indiana Pti. Secondo AdvanFort la Seaman Guard Ohio è un’imbarcazione di supporto operativo, ovvero provvede all’alloggio e al rifornimento di guardie private che transitano dalla nave di un cliente ad un’altra. Il problema, spiegano ufficiali indiani, è il riconoscimento delle operazioni anti-pirateria davanti alla legge locale. Se i documenti in possesso dell’equipaggio sono quindi validi in acque internazionali, non lo sono all’interno delle 12 miglia nautiche, dove subentra il diritto nazionale su dogana e contrabbando.
Al di là dell’aspetto burocratico, non è chiaro perché la Seaman Guard Ohio sia entrata nelle acque territoriali indiane, fuori dalla fascia cosiddetta «ad alto rischio pirateria» che si ferma ufficialmente sulla costa ovest della penisola indiana (l’India, a fronte di attività di pirateria quasi inesistenti lungo i propri confini marittimi, ritiene che la zona debba essere ristretta lontano dalle proprie coste).
Dalla nave dicono di aver chiesto il permesso alla guardia costiera, in cerca di riparo dal ciclone Phailin; versione non confermata dalle autorità locali, che anzi fanno notare come il ciclone fosse attivo decisamente più a nord, lungo le coste dell’Andhra Pradesh e dell’Orissa, aprendo l’ipotesi di attività di contrabbando illegali. Insomma, dopo il caso dell’italiana Enrica Lexie, le attività internazionali anti-pirateria si scontrano con la sovranità territoriale indiana.