La redazione consiglia:
King Crimson negli anni dell’avanguardiaCi sono dischi che, pur perfettamente assestati nelle coordinate dell’epoca a cui appartengono per nascita, restano lì a presidiare anche il futuro, perché se non ci fossero stati quel medesimo futuro avrebbe avuto altre caratteristiche. Sono lavori che riassumono intere estetiche, e al contempo hanno quel qualcosa in più che garantisce la memoria. Septober Energy, 1971, della formidabile orchestra Centipede è uno di quei dischi. Per lungo tempo assente dal mercato, o rintracciabile a prezzi da strozzinaggio nella versione originale su vinile. Un anno dopo aver compiuto il mezzo secolo, una mezza età portata con giovanilissima baldanza, ritorna, col suono lustrato a dovere nella rimasterizzazione che meritava, in una versione su due cd (a prezzo più che abbordabile) che rinnova i fasti e lo splendore di una stagione irripetibile.

ALMENO, irripetibile nella lettera, ma non nella cornice formale, che ha lasciato un bel testimone in mille altre esperienze simili dipanatesi negli anni. In questo caso, basterebbe pensare alla Fire! Orchestra nordica, o alla nostrana Archtipel Orchestra diretta da Ferdinando Faraò. Septober Energy è una strepitosa opera in movimento che mette assIeme praticamente la summa delle migliori energie creative a cavallo tra rock di ricerca e jazz dell’Inghilterra fine ’60, inizio ’70. Fu creata dall’indimenticabile Keith Tippett, pianista e compositore di vaglia che fu anche alla corte dei King Crimson di Robert Fripp. Prodotto da Robert Fripp, disco realizzato grazie al genio di Keith Tippett

E il geniale e burrascoso Fripp fu proprio il produttore delle incendiarie session agli studi Wessex di Londra che fecero nascere il tutto, poi riversato su due ellepì dalla Neon, diramazione «prog» della Rca, ogni facciata del vinile con una grande partizione di suono. Suonò, come s’è detto, la crème delI’Inghilterrra più visionaria, in musica: nella sua visione un po’ sciamanica, Tippett convocò in studio una cinquantina e oltre di musicisti, quasi il triplo dell’organico medio di un’orchestra jazz, molti dai migliori ranghi dei gruppi jazz rock del momento. Li aveva «saggiati» uno a uno in un memorabile concerto dell’anno precedente, al Lyceum di Londra. C’erano tredici violinisti, sei violoncellisti, cinque trombettisti, fra i quali Ian Carr, indimenticabile fondatore dei Nucleus e straordinario biografo di Miles Davis, e Mongezi Feza, uomo simbolo del jazz sudafricano in esilio a Londra per l’apartheid. E poi tre sassofonisti contralto, Elton Dean dei Soft Machine, Ian McDonald dei King Crimson, e il leggendario fiatista sudafricano Dudu Pukwana, quattro al sax tenore, con Alan Skidmore, Karl Jenkins dei Softs e altri due sassofonisti baritono.

E POI QUATTRO trombonisti (tra loro Nick Evans e Paul Rutherford), tre batteristi, uno su tutti il magnifico Robert Wyatt, ben sei bassisti elettrici, fra cui Roy Babbington, Brian Godding dei Blossom Toes alla chitarra, le voci di Zoot Money, Boz Burrell, e soprattutto Mike Patto, leader di uno dei gruppi prog più validi del periodo, i Patto, appunto, Julie Driscoll, già vocalist stellare e «soul» con Brian Auger, e di recente diventata la moglie di Keith Tippett, e Maggie Nichols, che da lì a poco fonderà il Feminist Improvising Group.
Aspettatevi un’onda di piena vigorosa di jazz libero e indomabile, che pure mette in conto momenti di una dolcezza quasi lunare. D’altra parte i Centipede la parola «energia» l’avevano già indicata nel titolo del disco che fonde assieme i nomi di due mesi.