Seppur nella sua forma meno virulenta, il coronavirus continua a spaventare l’Asia.

Dall’inizio della pandemia, il Vietnam è stato il Paese che ha gestito al meglio l’emergenza sanitaria. La Repubblica socialista, con i suoi 96 milioni di abitanti, ha registrato un bilancio invidiabile agli occhi della vicina Cina: 420 contagi e zero decessi. Ma il governo vietnamita ha dovuto prendere una scelta drastica, pur consapevole di mettere a rischio il fiorente settore turistico.

Da Da Nang, nota località nel centro del Vietnam, saranno evacuati 80 mila turisti – in particolare cittadini vietnamiti – dopo la segnalazione di un focolaio di coronavirus nella quinta città più popolosa del Paese. Il governo di Hanoi ha predisposto, per i prossimi tre giorni, 100 voli per il trasferimento in 11 diverse località vietnamite, vietando l’ingresso di nuovi viaggiatori nel Paese e a Da Nang.

Il primo ministro, Nguyen Xuan Phuc, ha imposto un inasprimento delle regole di distanziamento sociale e la sospensione di tutti gli eventi religiosi, sportivi e culturali.

Il primo caso di contagio dopo 100 giorni è riconducibile a un uomo di 57 anni che lo scorso 20 luglio si è recato in un ospedale di Da Nang, denunciando sintomi influenzali e ora è in condizioni critiche.

Non c’è contezza di dove l’uomo abbia contratto il virus, ma sembra che non abbia lasciato la città recentemente. Secondo diverse ricostruzioni, il cinquantasettenne ha accompagnato la sua anziana madre in tre diverse strutture sanitarie e ha partecipato a un matrimonio il 17 luglio.

Il suo però non è un caso isolato in città: lo scorso weekend sono stati confermati altri tre contagi, tra cui un diciassettenne. Per ridurre le possibilità di diffusione del Covid, il Vietnam ha deciso qualche giorno fa di vietare le importazioni di animali selvatici. Una direttiva che potrebbe ulteriormente mettere in ginocchio l’economia locale, già compromessa dalla chiusura delle frontiere con la Cina dal 1° febbraio.

Pechino, infatti, deve gestire una nuova ondata in tre diverse ragioni con più di 60 contagi, il dato più alto da aprile. Nel mirino del ministero della Salute, che effettuerà tamponi a tappeto, ci sono la regione nordoccidentale dello Xinjiang, la provincia nordorientale di Liaoning e quella vicina di Jilin.

Sarà un’estate difficile anche a Hong Kong. Il segretario dell’ex colonia britannica, Matthew Cheung Kin-chung, ha introdotto stringenti misure dopo i nuovi casi degli ultimi giorni. Da domani, per almeno una settimana, saranno chiusi ristoranti e bar e non saranno consentiti incontri tra più di due persone.

Gli hongkonghesi dovranno indossare la mascherina nei luoghi pubblici e i lavoratori non godranno della frescura dei parchi durante la pausa pranzo. In molti disapprovano la scelta del governo, denunciando una mancata assistenza a coloro che subiranno danni economici.

La nuova ondata dimostra quanto sia difficile contenere il virus, anche in quei Paesi che hanno trasformato l’efficiente controllo del Covid in una narrativa politica vincente.