Nell’erotica cortese dei secoli decimo-dodicesimo si sviluppa un’ulteriore concezione dell’amore, l’«amour passion». Si tratta di una forma d’amore eterosessuale che riconosce, all’interno della relazione uomo-donna, il maggior potere soprattutto alla donna. L’amour passion si definisce come una forma d’amore puro. Benché sulle pagine dei tutt’altro che puri trovatori l’amour passion giochi spesso maliziosamente con l’idea della trasgressione del vincolo matrimoniale, il presupposto su cui esso si fonda è precisamente la rinunzia al superamento di questo limite. Nel suo alveo si sviluppa un’erotica dello sguardo, del linguaggio, del contatto.

Il poeta trova piacere nel sottrarre ai suoi desideri ogni forma di soddisfacimento sensibile. Elogia il divieto e con esso l’idea di un amore puro (fin amours), una via tra l’immaginazione e la realtà. Non si va alla ricerca dello spregevole adulterio, bensì di un amore puro tra uomo e donna, anche se irrealizzabile. Così ha origine la passione dell’amore, precisamente dalla separazione dall’oggetto amato e dalla castità. L’amante ama l’amore e dell’amata ama il fatto che ella infiammi i suoi sentimenti. Unirsi all’amata significherebbe la fine dell’immaginare e con ciò dell’amore – la perdita dell’immaginario, sacrificato sull’altare del piacere sensuale. L’amata è altro; ella è il totalmente altro e perciò estranea all’amante. Come unica via d’uscita allo smarrimento dell’amore resta solo il ritrarsi, la separazione – il discorso d’amore oppure la morte, quella dell’amante o dell’amata. In generale, più spesso, quella dell’amante.

Con la forza vi trascina l’amore! Così si legge nell’antico romanzo francese di Tristano, del dodicesimo secolo. L’amore si impadronisce di Tristano e Isotta non appena la serva Brangania, casualmente, porge loro il filtro incantato. Stregati da questa bevanda, non potranno che cedere al loro amore. (…).

Eccesso di desiderio

La passione d’amore ha dunque origine dalla separazione dall’amato e dalla castità. A caratterizzarlo è un eccesso di desiderio. L’amante ama l’amore, amabo amare – come dice Agostino –, e non l’amata. Non si ama l’altro, bensì la funzione dell’altro di infiammare i propri sentimenti. Il trovatore si consegna senza riserve all’amata divinizzata e accetta le sue condizioni. «Nessuna gioia mi piace tanto quanto il godere questo amore lontanto» (de Rougemont, L’amore e l’occidente). E Amanun de Sescos afferma arriva ad affermare: «Sapete, è proprio così: un uomo ama di tenero amore una donna che non ha mai visto, solo perché sente che la si elogia». L’amore è una ferita che procura all’amante dolori senza sosta, dei quali egli gode con pieno piacere, poiché sa che il suo desiderio non potrà mai essere soddisfatto, sicché l’unica possibilità che gli resta è sopportarlo, re-indirizzarlo, oppure farsene soffocare.

Nel codice d’amore di Andrea Cappellano (dodicesimo secolo) vengono fissate le linee fondamentali del tipo dell’amor passionale nel contesto cortese (Andrea Cappellano, De Amore, 1980). In base a questo scritto, l’amore non deve essere legato al matrimonio. Piuttosto, si dispiega soltanto al di fuori delle costrizioni e delle sicurezze del matrimonio, soprattutto quando rinuncia al suo soddisfacimento sensibile, cosa in cui sta la sua condizione di possibilità.

Volontarietà ed esclusività sono i fondamenti dell’amore: ciò che l’amante strappa all’amata con la forza non gli può dar piacere, e le carezze l’amante può desiderarle solo dalla sua amata, poiché nessuno può tenere in sé due amori allo stesso tempo. E tuttavia l’amore è volubile. Può diminuire o aumentare in qualunque momento. Un nuovo amore fa dimenticare il vecchio. Un amore in declino si spegne velocemente, ed è assai raro che si riaccenda. L’amore può accrescersi solo dalla speranza di essere corrisposto. Un successo facile gli sottrae fascino, gli ostacoli ne accrescono il valore. Chi ama è totalmente posseduto dal suo amore. L’amore lo rende debole, gli toglie il sonno e l’appetito. (…) A chi ama dà piacere solo ciò che dà piacere anche all’amato. L’amante non è mai sazio del godimento di colei che ama.

La separazione è dunque condizione tanto dell’amore passionale quando dell’illuminazione. Solo se l’amata è lontana e non è accessibile al desiderio dell’innamorato può nascere l’amore puro. Nell’amante, ripiegato su se stesso, cresce la nostalgia, questa forma sottile del desiderio, che al tempo stesso vorrebbe possedere l’amata e che sa, tuttavia, che il possesso di lei decreterebbe la morte dell’amore. Parimenti, la separazione – il distacco dalle cose del mondo – è la condizione decisiva per l’illuminazione, l’obiettivo più importante nella vita del Perfetto, il cataro. Anche l’anelito alla sofferenza e il desiderio di morte sono, infine, parte dell’«amore passionale». I trovatori si struggono nelle loro pene d’amore e sospirano l’unione con l’amata almeno nella morte. Il perfetto attende la morte che lo libererà da questo mondo. Perciò il suicidio – mosso non dalla disperazione, ma dalla convinzione che solo così si possa raggiungere l’unione con Dio – è una delle possibili vie verso l’illuminazione.

Figure immaginarie

L’amore è rivolto a un’amata immaginaria, che non è in grado di fornire alcuna risposta e non può soddisfare il desiderio struggente dell’amante. L’amata è lontana e tace. Il suo tacere la eleva, ne fa un essere superiore ed enigmatico, cui corrisponde il discorrere senza sosta dell’amante, che col suo ripetere lamenti e detti tenta di afferrare ciò che non si lascia cogliere, ciò che sempre si sottrae alla presa. Ma chi è che fugge? L’amante dinanzi all’amata o l’amata dinanzi all’amante? Non è forse l’amante a mutarsi continuamente, mentre l’amata resta sempre uguale a se stessa, immagine immutabile del suo desiderio? Qual è il luogo dell’amata? Non è forse ella senza-luogo, figura dell’immaginario, che l’amante non può mai raggiungere? Da questa non-localizzabilità dell’amata discende il fascino che ella esercita. Non è una qualità dell’amata ad attrarre l’amante, bensì il sentimento di una unicità della relazione con lei, che produce un fascino magico cui l’amante non può resistere. Ella gli ispira parole sempre nuove, come se le parole potessero aiutarlo a liberarsi dal potere dell’amata. Il discorso d’amore è dunque il tentativo di far fronte all’integrità dell’amante, all’esser altro dell’amata, alla sua inconcepibilità. In questo esser altro dell’amata sta anche il suo fascino; ella ispira sempre nuove immagini di sé. È nell’amore che le immagini dell’amata trovano la loro ultima parola. Sono superiori al linguaggio, che invano tenta di catturarle e restituire così all’amante la sua libertà. Le immagini tormentano l’amante, ne indirizzano il desiderio nel regno dell’immaginario, lo imprigionano, ne provocano la follia. Sono la contraddizione; la presenza assente, contro cui il linguaggio lotta invano.

Voler possedere l’amata – impossibile. L’amata vaga tra le immagini dell’amante, senza uno scopo, senza un luogo. Unirsi all’amata significa porre fine alla fonte delle immagini, cioè estinguere l’amore – il sacrificio dell’immaginario sull’altare del piacere sensuale. All’amata non è dovuto di soddisfare le attese del suo amante. Ella è altro. È il totalmente altro e perciò sacra agli occhi dell’amante. Con l’aiuto delle immagini dell’amata prodotte dall’amante ella si installa nel suo immaginario o rivivifica immagini che erano già lì presenti in forma rudimentale sin dalla prima giovinezza. Nessun sentimento può fare a meno di istruzioni, neppure l’amore. Catari e trovatori mostrano in che cosa consiste il desiderio e quali forme e figure assume. Come il sacro, così anche il desiderio richiede un’istruzione per immagini e norme. Come via d’uscita dalla follia d’amore resta solo il ritrarsi, la separazione, il discorso d’amore o la morte, o dell’amante o dell’amata, o anche il matrimonio, che assoggetta l’immaginario dell’amore alla realtà della vita insieme, in cui è inevitabile una mutua affermazione della volontà di potenza e perciò la fine dell’amore.

La cancellazione dell’altra

L’amor cortese ha avuto per effetto la valorizzazione della donna, che viene descritta come un soggetto determinante negli affari d’amore. Certo ella è il destinatario del desiderio maschile, ma in quanto tale è anche soggetto parlante e agente. Si annuncia una parità, se non una superiorità addirittura della donna negli affari d’amore. La perfezione dell’altro è fondamento dell’amore. Grazie all’amore per la donna perfetta l’uomo prende parte alla sua perfezione, cioè può egli stessi divenire perfetto. Questa è una delle possibili interpretazioni. Un’altra interpretazione legge invece nell’ardente venerazione per la donna un processo di progressiva astrazione, da parte dell’amante, dalla persona dell’amata. Dinanzi ai suoi occhi non c’è più la donna concreta. A venir venerata è una figura idealizzata, che si origina perché l’amante è più interessato alla sua estasi che ai sentimenti della donna. Così egli onora e venera la donna, ma non ha orecchie per i suoi sentimenti, i suoi desideri e i suoi appetiti. Se si radicalizza questa interpretazione, si può addirittura rinvenire in questa forma dell’amore passionale l’ipertrofia dell’amore maschile di sé, che induce a tralasciare la realtà della donna per amore della venerazione della sua immagine.