Autentico boom di contratti precari, o a tempo determinato o di somministrazione (+30,6%), come effetto diretto della – temporanea – sparizione dei voucher. Curva discendente per l’ennesima volta dei contratti a tempo indeterminato (-4,5%), dopo il fuoco di paglia degli incentivi. Saldo positivo tra assunzioni e cessazioni di lavoro, con un dato complessivo (+559mila) superiore allo stesso periodo del 2016 e anche del 2015. Sono questi, in sintesi, i dati offerti dall’Inps nel suo “Osservatorio sul precariato”, relativo ai primi quattro mesi di questo 2017.
Il forte aumento delle assunzioni a tempo determinato, con contratti di lavoro intermittente o di somministrazione di manodopera, iniziato soprattutto dalla seconda metà di marzo, secondo l’Inps può essere messo in relazione alla chiusura della possibilità di acquistare voucher per remunerare i prestatori di lavoro occasionale. Questo ha peraltro portato, come altra faccia della medaglia, ad una ulteriore riduzione dell’incidenza dei contratti a tempo indeterminato sul totale delle assunzioni. Questo anche rispetto all’improvvisa impennata raggiunta nel 2015, quando era entrato in vigore l’esonero contributivo triennale, e progressivamente a scalare, per i contratti a tempo indeterminato.
Questa chiave di lettura è analoga a quella fatta dalla Cgil: “La crescita dei contratti di somministrazione, tempo determinato e apprendistato conferma che l’alternativa c’è – osserva Susanna Camusso – che esistono forme regolari sostitutive del finto lavoro occasionale. Inoltre il fatto che l’aumento dei contratti a termine riguardi soprattutto i settori del commercio e del turismo, dove c’è una quota di stagionalità, è la dimostrazione che si può svolgere questo tipo di attività senza ricorrere ai voucher. Per il resto, chi ti fa lavoro nero è perché vuole fare lavoro nero”.
La segretaria generale della Cgil guarda naturalmente anche all’altra faccia della medaglia: “Il boom dei tempi determinati e la corrispondente frenata dei posti ‘fissi’ indica un mercato del lavoro che continua ad essere instabile, con imprese che non fanno investimenti di lungo termine”. Conclusione finale: “Visti i dati, non si può continuare con le politiche degli incentivi: abbiamo già speso un mucchio di soldi e non abbiamo risultati così entusiasmanti”.
Va da sé che il Pd guarda solo ai dati più positivi, tralasciando il resto: “Quando parliamo di lavoro – commenta enfatico Ettore Rosato – i numeri sono il modo più chiaro di dire la verità. Il 2017 ha segnato un nuovo record per le assunzioni, nei primi quattro mesi il saldo tra contratti attivati e cessati è stato di +599 mila. Meglio ancora del 2015, o dell’anno scorso. A maggio sono diminuite le ore di cassa integrazione per le aziende (-37% rispetto al 2016) e ad aprile le domande di disoccupazione (-9% rispetto all’anno precedente)”.
Tra gennaio e aprile 2017, racconta ancora il rapporto dell’Inps, complessivamente le assunzioni riferite al settore privato sono risultate 2.129.000, in aumento del 17,5% rispetto ai mesi gennaio-aprile 2016. Il maggior contributo è stato appunto dato dalle assunzioni a tempo determinato (+30,6%) mentre sono diminuite quelle a tempo indeterminato (-4,5%). Le trasformazioni da tempo determinato a tempo indeterminato sono risultate 122mila, con una riduzione rispetto allo stesso periodo del 2016 (-2,4%). In particolare sono cresciute le assunzioni a tempo determinato nei comparti del commercio, turismo e ristorazione (+47,5%) e delle attività immobiliari (+43,6%). Negli stessi settori vanno bene anche le assunzioni in apprendistato, e nel complesso è significativa pure la crescita dei contratti di somministrazione (+16,7%). In definitiva, annota l’Inps, nel saldo annualizzato fra assunzioni e cessazioni – positivo con un +490mila – abbiamo 415mila contratti a tempo determinato, 47mila di apprendistato, e solo 29mila a tempo indeterminato.