Il collasso europeo sta creando il suo Buco Nero. Come una stella a neutroni che si spegne, l’idea dell’Unione Europea costruita sulla volontà dei popoli continentali di vivere condividendo le regole democratiche all’interno di uno spazio comune, sta lasciando il posto al suo contrario: uno spazio parcellizzato in rinascono confini che sono dettati dallo sciovinismo, dalla xenofobia, dal razzismo.

Un ideale come quello di Spinelli, una vera e propria visione, la costruzione finalmente dal basso dell’unita tra genti diverse che si sono combattute per secoli, non può semplicemente tornare indietro allo status quo ante, ad una Europa prima di Schengen o dell’ Euro.

Il processo di involuzione, al contrario, produrrà inevitabilmente un campo gravitazionale di destra, in cui le forze attive saranno solo quelle che continuano in modo esponenziale a svilupparsi e rafforzare le tendenze già in atto. E allora, anche per quello che concerne il dibattito «italo-italiano» sulla formazione di una forza di sinistra che oltrepassi le logiche che governano il processo europeo, la domande è: può esistere una sinistra senza Europa? La domanda può sembrare retorica, ma lo è davvero? In altri termini: che posto possono avere i riflessi identitari, specie quelli legati alla nascita da scissioni, se lo spazio da ripensare è niente di meno di quello comunitario?

In sintesi pare che nel dibattito attuale non si voglia prendere in considerazione la relazione biunivoca che esiste tra la costruzione di un altra idea di Europa e quella della messa in essere di un soggetto politico unitario di alternativa; che i due processi sono in realtà uno solo. Se non si coglie questa specularità si rischia non solo di essere fuori dalla storia ma, peggio, di assecondare con le logiche vecchie e divisive che oggi caratterizzano il processo di confronto a sinistra, quel collasso europeo di segno destrorso che si vorrebbe contrastare.

Per essere ancora più chiari: ogni identità rivendicata a sinistra, ogni affermazione di una storia passata che diviene limite a confluenze future, altro non è che il riflesso delle divisioni che oggi rinascono in Europa. E non è affatto sufficiente appellarsi ad esperienze estere, quali che siano, da Podemos a Syriza, per evitare questa deriva distruttiva, anzi: spesso gli esempi nati in altri contesti servono ancor più per dividere il già tanto atomizzato campo nazionale.

Il processo costituente è prima di tutto frutto di una nuova visione del mondo, proprio quella che si è persa quando i Partiti più o meno comunisti o sedicenti tali, hanno cercato di strumentalizzare il Movimento Sociale Mondiale, in particolare quello italiano. Quando molto miopemente si è pensato di poter rappresentare con vecchie strutture partitiche nuove istanze democratiche.

Ebbene oggi quel potenziale va ricostruito dal basso, mettendo in rete esperienze che sono evidentemente allergiche ai partiti o ai movimenti nati da essi, qualunque ne sia oggi la tonalità, perché il rumore di fondo che emettono e sempre quello delle loro stanche ed oramai invecchiate burocrazie in cerca di autore. Solo due questioni sono centrali: quella di genere e quella ecologica che sono poi la stessa medesima cosa. Sinché al centro del dibattito, oltre le viete questioni elettorali, si continuerà a porre al centro dell’analisi strategica solo le varianti della contraddizione capitale lavoro, non si potrà assolutamente avere la prospettiva culturale per cogliere il mondo nel suo divenite attuale.