Tutto un po’ peggio del previsto. Lo spread prima di tutto, che vola a 327 punti un po’ per la durissima reazione di Bruxelles alla manovra italiana e un po’ per la rissa tra Lega e Movimento 5 Stelle che fa tremare il governo nel giorno peggiore in assoluto.

La lettera della Ue è stata consegnata dall’«ambasciatore» Pierre Moscovici, commissario europeo all’Economia, al ministro Giovanni Tria ed è il preannuncio esplicito del respingimento della legge di bilancio italiana. Non si parla infatti solo di «scostamento significativo» ma di «inadempimento particolarmente grave», di deviazione «senza precedenti nella storia del Patto di stabilità», di «rischio particolarmente grave degli obblighi di bilancio». Il vicepresidente della Commissione Ue Valdis Dombrovskis e lo stesso Moscovici, firmatari della lettera, mettono sul tavolo la minaccia di sanzioni e chiedono una risposta prima del previsto: entro lunedì prossimo invece che in 7 giorni. Una scelta che pare studiata per dare alla «richiesta di chiarimenti» il tono di un ultimatum.

L’ESTREMA RIGIDITÀ di Bruxelles riflette l’ostilità che, dietro la cordialità di facciata, il premier Giuseppe Conte ha potuto avvertire sino in fondo negli incontri bilaterali con olandesi e francesi e poi nel pranzo con tutti i leader del Consiglio europeo. L’olandese Mark Rutte è stato tassativo: «La manovra non è un bene per l’Italia e non è un bene per l’Eurozona». L’austriaco Sebastian Kurz, presunto alleato di Matteo Salvini, è anche più duro: «Sono un difensore di Maastricht, che deve valere per tutti. L’indebitamento eccessivo di uno Stato è un pericolo per tutti gli Stati membri». L’Italia, in soldoni, è un pericolo per la stabilità dell’eurozona. Pertanto non deve passarla liscia. La sola voce che apre qualche spiraglio è quella di Angela Merkel, che loda le riforme italiane in materia di corruzione e pubblica amministrazione.

La cancelliera e il presidente della Bce Mario Draghi sono i più restii a portare la sfida alle estreme conseguenze, ma la pressione soprattutto dei Paesi nordici è fortissima. La sponda in Italia è Sergio Mattarella, che ieri sera ha incontrato Moscovici e in mattinata aveva trovato modo di segnalare che il suo ruolo non sarà interventista. Ma anche il capo dello stato può fare poco a fronte di una maggioranza che vuole lo scontro tanto quanto i falchi delle cancellerie nordiche.

LA RISPOSTA NEGATIVA del governo gialloverde è scontata in partenza: il solo dubbio è su quanto saranno calibrati i toni. Non quelli della replica ufficiale di Giuseppe Conte, sui quali si può andare sul sicuro, ma quelli dei due vicepremier che, come segnalato già settimane fa da Mario Draghi, non aiutano la distensione. La reazione di Salvini, ieri sera, è da questo punto di vista esemplare: «La Ue vuole un’Italia serva, povera e disoccupata. Se esiste, esista non solo per rompere le palle sulla manovra, che non cambierà». Più diplomatico Di Maio: «Non lo considero un ultimatum perchè voglio dialogare con tutta la moderazione del caso. Ma se lo dovesse essere per noi è inaccettabile».

ANCHE SE MOSCOVICI giura che una decisione non è ancora stata presa e che la commissione «è solo arbitro» pare certo che, senza un al momento impensabile passo indietro del governo italiano, Bruxelles respingerà entro il 31 ottobre la manovra, come non è mai accaduto nella vita dell’Unione. Prima però ci sarà il verdetto delle agenzie di rating: stando ai segnali arrivati ieri gli effetti potrebbero essere pesantissimi anche in assenza di quell’outlook negativo che, se dovesse accompagnare il downgrade, sarebbe fatale. Alla già più che minacciosa doppietta composta dal probabile downgrade e dall’altrettanto probabile respingimento della manovra si aggiunge la fase di instabilità che all’improvviso i due partiti di maggioranza hanno imboccato, moltiplicando così i rischi, persino indipendentemente dalla reazione della commissione al rifiuto di rivedere la manovra anche dopo il respingimento. Oggi la commissione ha in effetti ben poche armi. Altrove i pericoli sono più concreti e più imminenti.

NON SI TRATTA SOLO dello spread e dei mercati. Il monito di Draghi, ieri, è stato chiaro: «Sfidare le regole europee comporterà un prezzo alto per tutti: può causare un inasprimento delle condizioni del sistema finanziario danneggiando la crescita». A cedere, costrette a ricapitalizzare e quindi a tagliare il credito affossando l’economia reale, potrebbero essere le banche, il fronte più fragile ed esposto
Sia Moscovici che Conte, dopo la consegna della lettera, hanno insistito sul dialogo che per il premier italiano «si è appena aperto». In realtà sembra essersi invece appena chiuso. A Bruxelles meditano di convocare il 5 novembre l’Eurogruppo, per decidere subito come sanzionare l’Italia. Senza dare il tempo di arrivare alle elezioni di maggio.