La fase costituente del nuovo partito, quella legata al progetto di Le U, stenta a decollare. E dire che la tempistica è stringente: adesioni, fase costituente entro settembre, Manifesto delle idee ad ottobre, congresso costitutivo del nuovo partito a dicembre.

Appare evidente una scollatura fra dibattito interno e necessità della fase. Il governo di destra e Cinque Stelle risulta ancora in crescita nei consensi, il Pd bloccato dal disastro elettorale e dalla persistente morsa di Renzi, la sinistra ancora sotto schiaffo per il risultato del 4 marzo. L’impressione è che manchi una opposizione e soprattutto una alternativa, il che la scia il governo giallo-verde preda delle peggiori pulsioni razziste, populiste, di destra estrema. La politica non conosce vuoto e se l’opposizione non c’è la maggioranza si dilata (a cominciare dalla ‘campagna acquisti’ su Forza Italia, da parte della Lega, ma anche di Fratelli d’Italia).

Massimo Panarari su La Stampa, si è domandato «dove è finita l’opposizione mentre prosegue la luna di miele tra elettorato e governo legastellato». Per concludere che «nazionalpopulismo e sovranismo si trovano praticamnente senza competitor». Può funzionare così una democrazia? Può bastare la società civile da sola? È chiaro che no. Occorre la politica, un’opposizione politica.

Circola in questi giorni un appello di alcuni dei maggiori intellettuali italiani di area di centro-sinistra, da Massimo Cacciari, a Gennaro Sasso, a Maurizio Pollini. Una cosa che non si vedeva da decenni. Anch’esso denuncia la “mancanza di una seria opposizione”, come la “inaccettabile disumanità” riservata ai migranti, i rischi della vittoria della destra alle Europee del prossimo anno ecc. Possibile che ad un appello dai toni drammatici come questo abbia finora risposto solo Cuperlo? I dirigenti della sinistra hanno qualcosa da dire? La fase costituente non dovrebbe essere registrata su questo tipo di domande?

Paolo Graziano e Marco Almagisti sul manifesto hanno giustamente invitato a cercare idee e strade nuove, a guardare con attenzione al tentativo di Corbyn «di ricostruire il Labour su basi neo-socialiste», aggiungerei anche il nome della giovane democratic socialist del Bronx Alexandria Ocasio-Cortez, che farà ticket con Sanders nella battaglia di sinistra nel Partito democratico americano. Ma Graziano e Almagisti individuano soprattutto il vero limite storico della sinistra e del centro-sinistra italiani degli ultimi decenni: aver «tralasciato le questioni materiali, quali lavoro e salario» a favore delle «questioni post-materiali, quali l’ambiente, la pace o l’identità di genere». Questo è il punto: abbandonare una volta per tutte le narrazioni, cioè le retoriche assolutamente speculari del veltronismo e del vendolismo. Se non facciamo questo passo continueremo a perdere consensi sulle “questioni materiali” senza guadagnarne su quelle ideali.

Il populismo è funzione diretta della scomparsa della sinistra (in Italia e nel mondo). Le ragioni dell’antipolitica sono tutte politiche. Manca un partito della sinistra che funzioni in termini di rappresentanza di interessi, ma poi anche come “intellettuale collettivo”, capace di produrre consenso, idee, senso comune e poi certo, alla fine, di prendere anche un po’ di voti.

Storicamente i punti alti della sinistra italiana hanno coinciso con la sua capacità di disimpegnare una funzione democratica in senso eminente, costruendo uno spazio sempre più ampio dei diritti materiali e ideali, pur nelle condizioni drammatiche della Guerra Fredda.

Occorre parlare ai nuovi poveri di oggi, ai flessibili, ai non-garantiti, ai senza lavoro, senza diritti, senza pensioni. Costruire un nuovo “blocco storico”, sociale e politico. Le possibilità di successo del processo costituente del nuovo partito della sinistra italiana dipendono appunto dalla capacità di saldare progetto politico e paese reale. Non è questione né di ideologie né di politicismo ma di fare la sinistra che serve qui e ora.