Ci sono voluti quattro anni (più uno e mezzo della prima campagna alla presidenza) e la soglia di un totale crollo istituzionale perché le televisioni osassero quello che avrebbero dovuto fare molto spesso fin dall’inizio: allontanare gli obbiettivi da Donald Trump.

ALLA MSNBC SONO bastati 35 secondi del discorso dalla Casa bianca di giovedì sera per terminare la diretta: «Non possiamo permetterci di trasmettere cose del genere, senza alcuna attinenza con la realtà. Al punto in cui si trova il paese è pericoloso», ha spiegato il conduttore Brian Williams.

I tre network nazionali, Abc, Nbc e Cbs hanno seguito l’esempio poco dopo («Dobbiamo interrompere perché il presidente ha fatto affermazioni completamente infondate su possibili frodi elettorali di cui non esiste alcuna evidenza», ha dichiarato Lester Holt, della Nbc), togliendo così a Trump – nella sua migliore e più pericolosa versione malevola di dittatore dello stato libero di Bananas – l’exposure dei tre tg nazionali sulla base della quale aveva calcolato il timing dell’apparizione.

CNN E FOX NEWS hanno trasmesso l’oscena litania di menzogne presidenziali nella sua interezza, anche se Cnn ha aggiunto un disclaimer alla base dello schermo: «Senza nessuna prova, Trump dice di essere frodato».

MANIPOLATI in modo plateale alle elezioni del 2016, i media americani hanno più o meno lottato in questi quattro anni per bilanciare le insidiose bugie del presidente con l’irresistibile richiamo che tutto ciò che è Trump continua ad esercitare sulle redazioni e sui rating – sia televisivi che della stampa: il New York Times ha annunciato l’altro giorno di aver raggiunto 7.000.000 di abbonati della sua edizione digitale, cifre che superano quelle dell’abbonamento in carta e che devono non poco al clamoroso coefficiente spettacolar/drammatico che avvolge questa Casa bianca.

Paradossalmente, oltre all’aumento di readership, la presidenza trumpiana ha costituito per il Times l’opportunità di alcune grandi inchieste giornalistiche (sulle tasse, sull’Ucraina, sul suo fallimentare impero finanziario…) che però – si è visto martedì – non paiono aver granché scalfito la credibilità del Twitterer in Chief presso il suo fedelissimo elettorato.

Sanno chi è e non importa – un fatto, questo, a cui l’establishment mediatico (o come lo chiama lui «the liberal media») non riesce ancora ad abituarsi (e che ricorda un po’ l’abbraccio mortale dei media italiani con Berlusconi). Il che è un problema perché l’aura di superiorità morale con cui trattano tutto ciò che è Trump, continua a renderli dei paria agli occhi di quel pubblico che dovrebbero raggiungere per «fare la differenza».

LA POSSIBILITÀ che da quell’incredula superiorità morale si stia passando al panico, oltre alla diretta interrotta di giovedì sera, sembrerebbe confermata dal fatto che, persino organi d’informazione filotrumpisti come il New York Post e l’amata Fox News hanno definito senza fondamenti le illazioni sull’esistenza della massiccia frode elettorale che – a sentire Trump – starebbe scippandogli la presidenza.

CERTO, EDITORIALISTI come Sean Hannity e Tucker Carlson continuano a fargli da cassa di risonanza, urlando «al lupo!» , ma c’è la reale possibilità che Rupert Murdoch, o almeno suo figlio Lachlan, stiano considerando di allentare un po’ gli ormeggi…

Facebook ha intanto chiuso Stop the Steal, una chiamata alle armi contro la frode elettorale, originata mercoledì pomeriggio da un’attivista repubblicana di nome Kylie Jane Kramer. Nel giro di ventiquattro ore aveva raccolto circa 300mila followers.