L’intreccio di relazioni, lo scambio culturale e la sperimentazione sociale che da oltre 10 anni animano l’ex fabbrica Fiorucci in via Prenestina 913, trasformandola nel bene pubblico Metropoliz- la nostra città meticcia- non possono essere sacrificati in nome e a vantaggio della proprietà privata. Per questo intendiamo chiamare con decisione chi, in questi anni, ha sostenuto e attraversato a vario titolo questa esperienza a una corresponsabilità collettiva per fermare l’ingranaggio dello sgombero, messo in moto dalla fredda macchina burocratica del risarcimento proprietario.

Come può, infatti, il colosso Salini Impregilo, oggi Webuild, avanzare diritti su questi ettari contesi con pervicacia ad una manciata di abitanti provenienti da tre continenti, ai bambini e alle bambine che ci sono nati, alla barricata d’arte del MAAM cresciuta nel tempo in osmosi complessa con i residenti e gli attivisti impegnati quotidianamente nella gestione dell’intero manufatto? Come può Roma privarsi di questa sperimentazione riconosciuta e apprezzata anche a livello internazionale senza immaginare di restare più povera culturalmente? Come può la città, in piena emergenza Covid, provare a cancellare uno spazio che ha garantito la tenuta sociale e sanitaria di centinaia di persone, assicurando in piena autonomia anche la continuità scolastica a decine di minori?

Siamo convinti che questo pezzo di città e di storia capitolina si collochi esattamente dentro le trasformazioni globali e dentro quelle che solcano questa metropoli, dentro il meticciarsi di una società in movimento che ripensa come comuni, e preziosi, anche e soprattutto spazi e luoghi che sono considerati inutili e improduttivi se non in un’ottica di speculazione e rendita future. Lo stesso sarebbe stato per l’area dell’ex Fabbrica Fiorucci dove, nei desiderata di Salini, doveva sorgere l’ennesimo plesso commerciale ed edilizio. Invece, il percorso iniziato nel 2009, e portato avanti tra molte difficoltà ma con tanto coraggio, determinazione e fantasia, ha trasformato un relitto industriale in una Città Meticcia che è tanto difficilmente riproducibile quanto necessaria per pensare questa città come spazio vivo e rigenerabile a partire dai bisogni di chi la vive, e non come una terra di conquista per rendita e consumo dei suoli.

Il troppo spesso evocato, e troppo poco praticato, cambio di passo enunciato da chi amministra Roma si deve sostanziare in un passo in avanti determinato, in uno scarto impetuoso da parte del Comune e della Regione, delle istituzioni preposte alla salvaguardia dei beni comuni verso il riconoscimento dei bisogni delle comunità territoriali e di una idea di rigenerazione urbana come pratica di dignità e non come testa di ponte della gentrificazione e del profitto.

Il dono e l’impegno di tante persone hanno fatto sì che Metropoliz oggi abbia l’aspetto che ha. Dentro questo orizzonte, anche la proprietà deve riconsiderare le sue richieste di risarcimento per il mancato sgombero. Tutto ciò non è risolvibile con una prova di forza muscolare, ma con l’intelligenza collettiva di una città che sa misurare l’importanza dei luoghi e del loro destino rigettando il dogma della grande proprietà come “bene divino e intoccabile”. Al gruppo Salini chiediamo l’unico atto di alto profilo ora possibile: cedere alla collettività questi pochi ettari del suo immenso patrimonio, lasciando questo bene comune all’uso di quel mondo che lo abita, che lo disegna e lo attraversa continuamente, che ama perdercisi e crescerci dentro.

È necessario che la proprietà e le istituzioni facciano un passo indietro rispetto ai progetti calati dall’alto in un territorio già pesantemente provato dalla speculazione edilizia e rispetto all’ennesimo tentativo di far prevalere la proprietà privata sopra ogni altro diritto fondamentale, per fare un passo avanti a una città che ha già pagato a caro prezzo la rapacità della rendita e la violenza della crisi.

Firma la petizione, sostieni la città meticcia! #SaveMetropoliz