21 febbraio, Reggio Emilia, Teatro Ariosto. Per la stagione di danza della Fondazione I Teatri andava in scena Another round for five, creazione di Cristiana Morganti, fresca del debutto a fine 2019 a Napoli Teatro Festival Italia. L’ultimo spettacolo che avremmo visto di questi tempi, chi l’avrebbe detto. Allora pensavamo alla storia di questa nostra autrice, ex danzatrice di Pina Bausch, alla ricerca di una sua indipendenza di segno, riflettevamo su un titolo che affrontava con il registro del movimento, della parola e della musica la vicinanza stretta di cinque persone, cinque corpi, cinque eccellenti danzatori. Il cerchio come simbolo di ogni possibile club, associazione, riunione, luogo di allenamento, palestra, scuola ballo, cerchio di sedie bianche dove sedersi, confessarsi i propri drammi, anche i circoli viziosi della mente. Un susseguirsi circolare, che non prospetta risoluzioni, un’immagine che oggi si proietta distorcendosi in quel cerchio chiuso nel quale è precipitato assieme a tutto il resto il mondo del teatro.

FINO AL 3 APRILE nell’estesa «zona rossa» (anche se ogni giorno ci sembra più improbabile che questa data sia definitiva) non si va in scena, non si prova. Deve essere così, non c’è altro mezzo, l’emergenza sanitaria è grave. In tutti i teatri saltano tournée, slittano creazioni. Alla Scala succede per Madina, novità che avrebbe dovuto debuttare il 22 marzo, su composizione musicale di Fabio Vacchi, coreografia di Mauro Bigonzetti, libretto di Emmanuelle de Villepin dal suo romanzo La ragazza che non voleva morire. Storia di una kamikaze che decide di non farsi saltare in aria. Nel cast Roberto Bolle.
«Siamo al lavoro per riprendere Madina nella prossima stagione» dichiara Paolo Besana, capo ufficio stampa del teatro, raggiunto al telefono. «L’ultimo spettacolo alla Scala è stato il 22 febbraio, poi più nulla, un mese giusto dal debutto che era previsto per Madina. Questo nuovo titolo non è mai uscito dalla sala prove del ballo, non abbiamo mai fatto una prova d’orchestra, abbiamo registrato solo parte del coro. Impossibile andare in scena senza prove. Una creazione ha bisogno di tempo. Per il resto della stagione stiamo lavorando sulla riapertura, vedremo cosa potremo fare in linea con le norme del decreto in vigore».

CERTO è che la danza è di per sé l’arte dal vivo più giocata sul corpo, che è lo strumento di chi la pratica. Il contatto stretto tra le persone fa parte della relazione riuscita tra pesi, altezze, densità di movimento, focalizzazione degli appoggi, comunicazione tra gli interpreti. Impossibile il metro di separazione imposto dal coronavirus. Chiusa la Scuola di Ballo dell’Accademia Teatro alla Scala, con allievi che vengono da ogni parte d’Italia e qualcuno anche dall’estero, con giovani diplomandi in attesa di audizioni e di certezze per il futuro. Chiusa come sono serrate nella zona rossa tutte le scuole di ogni ordine e grado. Ma sul corpo non c’è neanche la consolazione della formazione a distanza.