Proprio a ridosso della COP 26 di Glasgow si sono moltiplicati gli allarmi e gli avvertimenti da parte della comunità scientifica che, numeri alla mano, ha constatato come in questi anni si è marciato in direzione contraria rispetto agli accordi di Parigi che dopo cinque anni vengono messi a verifica.

I LIVELLI DI GAS SERRA NON SONO MAI diminuiti, nemmeno con le limitazioni imposte dalla pandemia, ha avvertito l’Osservatorio Meteorologico dell’Onu, specificando come con questi ritmi, le conseguenze più gravi del surriscaldamento terrestre – innalzamento del livello degli oceani, temperature roventi e eventi meteorologici estremi- sono destinate a diventare la norma. Concordano su questo anche i più di 200 esperti che hanno firmato una recente ricerca della Chataman House, centro studi britannico, specializzato in analisi geopolitiche e politico-economiche fra i più accreditati al mondo: da qui al 2030 gli impatti dei cambiamenti climatici saranno sempre più gravi ed inevitabili. Di conseguenza, è necessario concentrarsi sugli adattamenti per limitare i danni peggiori. E fra le strategie di contenimento degli impatti vengono nominate le missioni di pace.

QUALI RISCHI E IMPATTI CLIMATICI a breve termine devono preoccupare maggiormente i decisori nel prossimo decennio? È la domanda a cui ricercatori di diverse discipline hanno cercato di rispondere, individuando che le peggiori conseguenze a breve termine saranno tutte a carico di regioni dell’Africa e dell’Asia. Pericoli come la siccità, le variazioni nel regime delle pioggia o le ondate di calore possono determinare gli impatti che destano maggiore preoccupazione, ovvero quelli sulla sicurezza alimentare, migrazione e spostamento delle persone, conflitti; tali impatti saranno maggiori laddove le comunità sono già più vulnerabili, attivando anche interazioni e cascate di impatti secondari che attraverseranno i confini e i continenti.

E’ QUINDI FONDAMENTALE che nell’immediato si affrontino le vulnerabilità socioeconomiche nelle regioni più a rischio. Senza tale supporto, sarà impossibile evitare catene di eventi che traducono i pericoli locali in impatti avvertiti in tutto il mondo.

I RICERCATORI SONO GIUNTI a considerare realistico aspettarsi che gli impatti climatici diventino più gravi nel breve termine analizzando gli eventi legati al clima dei primi nove mesi del 2021 e osservando l’ultimo decennio: un confronto che ha permesso di individuare i tipi di eventi che si possono verificare con maggiore probabilità da qui al 2030. A livello globale, ogni anno nel 2008-20, una media di 21,8 milioni di persone sono state sfollate internamente a causa di disastri meteorologici sotto forma di caldo estremo, siccità, inondazioni, tempeste e incendi. Nel 2010-11, il caldo estivo eccezionale nell’Europa orientale ha ridotto di un terzo i raccolti di grano, portando a una grave inflazione globale dei prezzi alimentari, che ha rappresentato uno dei fattori scatenanti delle rivolte della primavera araba, disordini che hanno avuto ripercussioni in tutto il Medio Oriente e il Nord Africa.

ALLO STESSO TEMPO, LE PRECIPITAZIONI senza precedenti e le conseguenti inondazioni in Pakistan hanno influito sulla vita e sui mezzi di sussistenza di circa 20 milioni di persone. Cosa fare? Innanzitutto trasparenza, da parte di tutti. Costruire la resilienza della società agli shock che possono verificarsi è una forma di adattamento. Sia l’accordo di Parigi del 2015 che il pacchetto sul clima di Katowice del 2018 chiedono a tutti i governi di intraprendere e documentare i progressi fatti nel campo dell’adattamento ai cambiamenti climatici. Sebbene dal 2006 le segnalazioni siano rapidamente aumentate, la disponibilità e l’accesso a dati socioeconomici necessari per la costruzione di queste strategie non è sempre adeguata. I dati necessari si trovano nei rapporti disponibili al pubblico, nelle conoscenze degli esperti, in legislazione e regolamenti, nei big data di origine digitale e crowdsourcing. Ugualmente importante sarà la convergenza su tecniche comuni, sistematiche, trasversali e complete per tenere traccia di tali dati.

DOPODICHE’ E’ SOPRATTUTTO sui e con i paesi più vulnerabili che bisogna lavorare fin da subito. La ricerca sottolinea la significativa probabilità che alcune nazioni potranno essere investite da impatti così gravi da superare i potenziali limiti di adattamento, è quindi di fondamentale importanza un’azione di mitigazione forte e unilaterale contro i cambiamenti climatici durante e ben oltre le strategie elaborate dalla Cop26, richiedendo un’immediata, drastica e duratura riduzione delle emissioni di gas serra e la conservazione e il ripristino dei serbatoi naturali di carbonio.

LE MISURE DI ADATTAMENTO DEVONO essere mirate e dirette in particolare alle regioni che hanno le maggiori probabilità di subire impatti climatici a breve termine e dove le condizioni sono già critiche; nazioni che spesso non possono farsi carico di tutte le misure e che devono quindi essere sostenute dalle nazioni più ricche.

UN PUNTO IMPORTANTE E’ CHE QUESTE misure dovrebbero come minimo non aumentare il rischio di conflitto, bensì ove possibile, rafforzare le missioni di pace: è sempre più evidente che gli sforzi per combinare adattamento e costruzione di pace implementano una governance migliore, sicurezza e crescita economica e, soprattutto, il consenso delle comunità colpite

INFINE C’E’ LA CHIARA NECESSITA’ di una valutazione annuale di come stanno cambiando i pericoli, l’esposizione e le vulnerabilità. Secondo i ricercatori serve un registro dei rischi climatici completo e aggiornato, che includa non solo gli impatti climatici a breve termine, ma anche le vulnerabilità socioeconomiche e gli adattamenti associati che riducano il rischio complessivo, nonché la preparazione al rischio di catastrofi.

LE ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI, i governi, la società civile, gli accademici e il settore privato sono tutti soggetti interessati al rischio climatico. Sono necessari una chiara comprensione e un monitoraggio continuo di tale rischio per indirizzare l’azione di governi, imprese e investitori anche nella pianificazione dell’adattamento.