Domani arriverà la sentenza sui 49 milioni da sequestrare alle casse di via Bellerio. Ma la Lega – già non più Nord e orfana della Padania, non ancora con Salvini premier – è pronta ad appellarsi al verdetto politico «in nome del popolo votante».

La guerra di carte bollate si combatte a Genova. Il procuratore della Repubblica Francesco Cozzi ha fatto sapere in anticipo che di fronte ad un nome diverso del partito fondato da Umberto Bossi (condannato in primo grado e tuttora senatùr) la magistratura non potrà bloccare i finanziamenti. Tuttavia, resta fuori discussione la procedura di «recupero» dei soldi relativi ai bilanci 2008-2010 del Carroccio in Liguria e non solo gestiti da Francesco Belsito. Ora spetta al Tribunale del riesame di Genova decidere sul verdetto della Cassazione che fa scattare il maxi-sequestro.

E DAL SALONE NAUTICO squilla l’orgoglio leghista di Edoardo Rixi, 44 anni, da oltre un decennio uomo di punta a Genova, attuale sottosegretario alle Infrastrutture: «Perché mai dovremmo cambiare nome? Non ci vergogniamo e siamo abituati ad affrontare situazioni ben peggiori di questa. Credo che, in ogni caso, reagiremo». È la linea del muro contro muro rispolverata dal lider maximo dentro e fuori il governo.

Più sfumata la posizione dei governatori leghisti del «Lombardo-veneto». Luca Zaia prende posizione così, in perfetto stile doroteo: «Esprimo totale vicinanza umana e istituzionale al ministro Salvini, ancora una volta fatto oggetto di pesanti intimidazioni con il raid alla sede della Lega di Pradalunga. Sappiano gli autori che la democrazia e le istituzioni democraticamente elette non hanno paura e non arretreranno di un millimetro sulla strada del cambiamento». E il devoto Attilio Fontana dal Pirellone ostenta ottimismo: «Nonostante tutto ho fiducia che la sentenza possa essere di un indirizzo diverso da quello che è stato fino a oggi. Credo che non stia in piedi quello che si sta chiedendo: vediamo se la magistratura costringerà un partito politico ad assumere qualche atteggiamento».

LA LEGA NORD, intanto, è stata sorteggiata in basso a destra nella scheda elettorale delle Provinciali di Bolzano. All’Ufficio elettorale di palazzo Widmann sono stati depositati 17 simboli, di cui due ammessi con riserva. A Trento, si conta di replicare il clamoroso trionfo del 4 marzo: nel comizio a Pinzolo, Salvini ha rilanciato la sfida dell’autonomismo leghista. «Useranno qualche magistrato politicizzato, la Borsa, i giornali ma se il popolo italiano è con noi non arriveranno da nessuna parte. Vi chiedo di stare con noi. Adoro il Trentino e la sua gente. Il 21 ottobre aspettiamo che anche il Trentino si liberi dalla sinistra e dal malaffare».

L’ONDA BLU del vice premier sembra inarrestabile all’ombra delle Dolomiti. Mirko Bisesti, segretario «nazionale» del Trentino, ha registrato oltre 2.000 iscritti quest’anno con più della metà di nuovi militanti. E sarà Maurizio Fugatti (classe 1972, già deputato nel 2006, due volte consigliere provinciale e ora sottosegretario alla salute) il candidato presidente del «vecchio centrodestra», perché Forza Italia ha piegato la testa.

Al Capitano di palazzo Chigi resta comunque da risolvere, al di à dei tribunali, una questione tutt’altro che marginale. Simbolica in senso stretto: da quando esistono le 13 «nazioni» per l’indipendenza della Padania si riconoscono nel «cerchio racchiudente la figura di Alberto da Giussano, così come rappresentato dal monumento di Legnano; sullo scudo è disegnata la figura del Leone di San Marco, il tutto contornato, nella parte superiore, dalla scritta Lega Nord. Nella parte inferiore c’è invece la parola «Padania». Alla destra del guerriero è posizionato il «Sole delle Alpi», rappresentato «da sei petali disposti all’interno di un cerchio» (articolo 3 dello statuto approvato il 15 ottobre 2015 dal consiglio federale).

EPPURE SALVINI ha già brevettato, nell’apposito ufficio ministeriale, un bel po’ di alternative: «Noi con Salvini» per raccogliere voti al Sud; «Basta euro», aggiunto per le Europee 2014; «Lega con Salvini. Popoli e identità»; «Lega per Savini premier» alle Politiche 2018. Una sola sconfitta nel marketing politico della Lega 4.0: «Prima gli italiani», inutilizzabile sulla scheda elettorale, perché già depositato dai fascisti di CasaPound.