La matassa si aggroviglia sempre di più. E il governo continua a tergiversare. La sentenza della Corte costituzionale che ha dichiarato illegittimo il blocco delle rivalutazioni delle pensioni nel biennio montiano 2012-2013 – pubblicata ieri in Gazzetta ufficiale e che quindi da oggi acquisisce efficacia – continua a produrre una raffica di opinioni e nessuna certezza. Nemmeno per i milioni (sei in totale) di pensionati che attendono di vedersi riconosciuti gli arretrati, sebbene appaia ormai scontato che non dovranno fare alcuna domanda o ricorso: sarà l’Inps a liquidarli, in tempi però ancora tutti da definire.

La promessa del governo è di prendere posizione all’inizio della prossima settimana. Da palazzo Chigi filtra l’irritazione di Renzi che continua a tacere (ma ieri ha ricevuto il ministro Padoan) e lascia parlare solo esponenti governativi di seconda fila. Ieri è stata la sottosegretaria all’Economia Paola De Micheli a dichiarare: «Tutto il nostro impegno sarà giustamente e correttamente dedicato al fatto che ci sia una risposta coerente con le indicazioni della Consulta e compatibile con i conti pubblici del nostro paese. Noi al ministero stiamo lavorando sia nella parte interpretativa che nella parte dei numeri».

Se nel 2011 la sentenza che dichiarò illegittimo il prelievo di solidarietà per le pensioni alte fu rimborsata nel giro di pochi mesi, questa volta vari esponenti del governo continuano a sostenere che «rimborsare tutti è impossibile e immorale», come continua a sostenere il sottosegretario all’Economia Enrico Zanetti, diventato da poco anche successore di Mario Monti alla guida della ormai microscopica Scelta Civica.

Continua anche il balletto delle cifre sul «buco» dei conti pubblici prodotto dalla sentenza. Se il Nens la scorsa settimana aveva parlato addirittura di 16 miliardi, ieri si registra una stima molto più bassa. «In realtà l’erario dovrà mettere mano a un esborso lordo di 5,5 miliardi, pari a un netto di 3,6 miliardi che ripartito in tre anni sono 1,2 miliardi l’anno», sostiene Alberto Brambilla, presidente di Itinerari Previdenziali ed ex responsabile del nucleo di valutazione della spesa pensionistica del ministero del Lavoro.

Dal fronte sindacale si continua a chiedere il rispetto della sentenza. «La sentenza della Corte si applica, poi si può discutere del tema delle risorse», sottolinea Susanna Camusso. Per il segretario della Cgil «ci sono state proposte, a partire da quella della restituzione che è una proposta in deficit, e poi si procede ad assestamenti e individuazione delle risorse. Questo è un paese che le risorse le avrebbe se decidesse di fare un po’ di politiche più rispettose di quelli che hanno poco e invece più progressive rispetto a chi ha molto».

Dopo le polemiche di mercoledì, ieri anche la Corte costituzionale stessa ha voluto specificare. Il presidente Alessandro Criscuolo, in una nota, ha aperto la porta a modifiche alla normativa: «Gli organi politici, ove lo ritengano, possono adottare i provvedimenti del caso nelle forme costituzionali». Ma per farlo servono leggi o decreti. E non semplici atti amministrativi. m. fr.