Una volta un bibliotecario gli chiese perché disegnava i bambini tarchiati e con brutte espressioni. Maurice Sendak rispose che ricordava bene come si sentiva nel corpo del bambino che era stato: goffo e arrabbiato. «Mi rifiuto di mentire ai bambini», ripeteva spesso. Coltissimo, eccentrico, scontroso, collezionista compulsivo di gadget di Mickey Mouse e prime edizioni di Henry James, Maurice Sendak è autore e illustratore di una serie di libri che, tra gli anni cinquanta e ottanta, hanno rivoluzionato la storia della letteratura per l’infanzia e continuano a essere, imperituri, in cima alle classifiche di vendita.
Cresciuto nelle strade impolverate di una Brooklyn da C’era una volta in America a pane e fumetti, Maurice è il terzo figlio di una famiglia di ebrei emigrati dalla Polonia. A quattro anni ha la sua prima intuizione esistenziale: quando, il 12 maggio 1932, il figlio rapito dell’aviatore Lindbergh viene ritrovato morto, Sendak ricorda di essersi chiesto: «Se il figlio di un uomo così importante non ce l’ha fatta, io come faccio?». Prima missione: sopravvivere all’infanzia. A nove anni la seconda intuizione: vede al cinema Biancaneve e decide che da grande avrebbe lavorato per Walt Disney. (Il sogno non si avvera ma negli anni ottanta, Glen Keane e John Lasseter, sul copione del suo libro Where the Wild Things Are, realizzeranno per la Disney una delle prime sequenze-test di computer graphic della storia dell’animazione). Finisce invece per sbarcare il lunario allestendo le vetrine di giocattoli dei magazzini Schwarz, sulla Quinta strada. Sono anni felici. L’atmosfera culturale di Brooklyn gli andava stretta, Manhattan è, invece, un pullulare di dischi, cartelli pubblicitari, insegne luccicanti. Vuole sfondare nella pubblicità, realizzerà uno spot animato per la Jell-O, una marca di dolci.
Ma il destino gli apre un’altra porta. Una collega ai magazzini Schwarz vede un suo carnet di disegni e lo mostra a un’amica, Ursula Nordstrom, direttrice della sezione libri per ragazzi della casa editrice Harper & Row. Ursula ha un’idea di letteratura da destinare all’infanzia anticonformista. Della morale da insegnare ai bambini non gliene importa nulla, dei bambini paffuti coi ricci biondi che affollavano i libri illustrati di quegli anni, neppure. Vuole libertà creativa e immaginazione pura all’opera. Sua la rivoluzione editoriale che ebbe un’eco in tutto il mondo, suo il lancio di artisti come Tomi Ungerer, Arnold Lobel, Crockett Johnson.
Al primo incontro è lei che si reca ai magazzini Schwarz per incontrare Sendak, tanto lui è introverso. Ma Ursula Nordstrom ha l’istinto di uno scultore: calcola quanti colpi di martello ci vogliono per far venire fuori il genio da quel ragazzo scontroso e si mette all’opera. Lo affida alla coppia Ruth Krauss (autrice geniale) e Crockett Johnson (illustratore e fumettista), Sendak passa i fine settimana a disegnare nella loro casa nel Connecticut.
La coppia di mentori, entrambi comunisti, lo incoraggia a liberarsi dagli stereotipi di matrice disneyana e borghese con cui Sendak disegnava a quell’epoca.
La Nordstrom propone a Ruth Krauss e Sendak di realizzare un libro insieme. L’autrice raccoglie una serie di frasi pronunciate dai bambini per definire oggetti e situazioni della vita quotidiana. È un libro senza capo né coda, solo una successione di frasi come questa: «Il fango è per saltare, scivolare e gridare yuppi duuu». Sendak realizza i disegni: nessun colore, bambini goffi, una linea di contorno nera che diventa ritmo e musica. Il libro esce per Harper & Row nel ’52 con il titolo A Hole is to Dig (Un buco è per scavare) e ha un tale successo che Sendak può lasciare il lavoro ai magazzini Schwarz per dedicare anima e corpo all’illustrazione.
Seguono altri successi: la serie Little Bear (in Italia pubblicata da Adelphi), Very Far Away, The Sign on Rosie’s Door, The Nutshell Library. Poi arriva Where the Wild Things Are. È il suo capolavoro. Una gestazione lunghissima, catartica; come dirà in molte interviste, tutta la sua infanzia è in quel libro. Idea, testo e illustrazioni, sono firmate da lui.
Max, un bambino vestito da lupo, in un impeto di rabbia grida alla mamma: «Ti mangio!» e viene mandato a letto senza cena. Un po’ per ripicca un po’ per noia, fa crescere una foresta nella sua stanza, naviga fino all’isola dei mostri selvaggi, si fa eleggere re, danza selvaggiamente con i mostri, gli viene nostalgia di casa e fa ritorno (dal libro, Spike Jonze ha tratto un bellissimo film, accentuandone il risvolto psicanalitico). Come in molti libri di Sendak, l’azione si svolge al crepuscolo, luogo del tempo squisitamente infantile, dove realtà e immaginazione possono darsi del tu. Una storia potente, che spaventa gli adulti e piace ai bambini. Pubblicato nel ’63, Where the Wild Things Are venderà, negli anni successivi, oltre venti milioni di copie in tutto il mondo.
C’è molto di europeo nel libro: alcune illustrazioni sono ispirate ai disegni di William Blake per la Divina Commedia di Dante (mia casuale scoperta); altre, al Sogno di Costantino di Piero della Francesca; il ritmo galoppante delle immagini è un tributo all’illustratore inglese Randolph Caldecott (lo dichiarerà Sendak stesso nel discorso tenuto in occasione dell’assegnazione dell’omonima medaglia). Ma anche molto di americano: la tipografia del titolo, ad esempio, è in completo e voluto disaccordo con la poeticità romantica dei disegni.
Per il titolo, Sendak ha scelto un carattere della famiglia Ed Interlock: lettere spesse, nere, kitsch, un tipo di carattere raramente usato nell’editoria; più spesso, invece, nella pubblicità e in televisione. Una scelta che riflette tutto l’affetto di Sendak per quei prodotti di bassa gamma destinati alla società di massa che, negli stessi anni, Andy Warhol stava trasformando in arte. «Quelle schifezze (crappy) hanno nutrito la mia infanzia. Le adoro!», dirà riferendosi a fumetti, pubblicità e film popolari.
È divertente scoprire come la tipografia dell’edizione americana sia stata, nelle altre edizioni, manipolata, sostituita, modificata: dà una misura di quanto il lato pop di Sendak sia stato spesso frainteso. L’editore d’avanguardia Robert Delpire, per la prima edizione francese (1967), lo sostituisce con un carattere non meno atipico e pop. Ma l’école de loisirs, editore più classico, acquista i diritti da Delpire nel ’73 e per il titolo sceglie caratteri moderni, contrassegnati da grazie sottili e perpendicolari alle aste verticali, scavate per lasciare il corpo leggero come filari di vite. Con una tipografia così romantica il libro ritorna ad essere completamente europeo, quasi vittoriano, forse a scapito dell’ironia con cui è stato concepito (ringrazio Loïc Boyer per il prestito di questa analisi tipografica, oltre al riferimento della pubblicità Jell-O).
In Italia è Rosellina Archinto (una delle più grandi e coraggiose editrici per bambini) a pubblicare, nel 1981, Where the Wild Things Are (Nel paese dei mostri selvaggi, Emme edizioni), riprendendo sì i caratteri utilizzati dall’editore francese, ma riempiendo di nero il vuoto. Il libro, passato a Babalibri senza modifiche, è di recente uscito per Adelphi, che ha acquistato in blocco i diritti di tutta l’opera di Sendak: Nel paese dei mostri selvaggi («i cavoli a merenda», pp. 44, euro 18,00).
Adelphi ha compiuto un’operazione filologica restituendo al libro l’elegante sovraccoperta, la tipografia originale, un accurato studio cromatico delle immagini e una nuova traduzione (Lisa Topi). Alcuni lettori, cresciuti con l’edizione Emme-Babalibri, si sono sorpresi di non ritrovare in libreria lo stesso identico libro. Ma, come ripeteva spesso Sendak, noi siamo vecchi, i bambini sono nuovi. Nelle loro mani il libro non avrà nessuna storia, se non quella di Max, il re dei mostri selvaggi.
Sendak: il mio Max, cresciuto tra le schifezze…
Classici per bambini. La nuova edizione Adelphi del «Paese dei mostri selvaggi» ristabilisce la dura tipografia originale di un «sogno» anni sessanta, antidisneyano

© 1963 Maurice Sendak, renewed 1991 Maurice Sendak, all rights reserved, published by arrangement with HarperCollins Children’s books, a division of HarperCollins publishers © 2018 Adelphi Edizioni
Classici per bambini. La nuova edizione Adelphi del «Paese dei mostri selvaggi» ristabilisce la dura tipografia originale di un «sogno» anni sessanta, antidisneyano
Pubblicato 5 anni faEdizione del 25 marzo 2018
Pubblicato 5 anni faEdizione del 25 marzo 2018