Sospettare Silvio Berlusconi di aver assoldato un potente nucleo di fattucchiere per colpire il presidente della Giunta che tra meno di una settimana dovrà decidere della sua sorte sarebbe una follia. Però qualche dubbio serpeggia, quando si viene a sapere che, proprio alla vigilia del ritorno dalle vacanze, Dario Stefàno, presidente della Giunta per le immunità del Senato è incorso in un incidente fratturandosi un paio di costole. Sarà a Roma per la riunione dell’Ufficio di presidenza della Giunta, fissata per domani. Però «imbustato» di brutta.
L’incidente non rallenterà il percorso della decadenza di Berlusconi da senatore, quella che, leggiadra come al solito, la Pitonessa Daniela definisce «un colpo di Stato». Sulla carta, i tempi dovrebbero essere brevi ma non brevissimi. Lo stesso 9 settembre, o nei giorni immediatamente successivi, la relazione di Andrea Augello, pdl di non stretta osservanza berlusconiana, sarà bocciata. Proporrà infatti l’ormai famigerato rinvio alla Consulta per «chiarimenti» sulla costituzionalità della legge Severino e della sua retroattività: questione di mesi, e nemmeno pochi. Salvo improbabili sorprese, sarà bocciata con 14 voti contro 9.
A quel punto il copione prevede la nomina di un nuovo relatore, con inevitabile allungamento dei tempi. Berlusconi, inoltre, potrebbe chiedere di essere audito per esporre le proprie ragioni (in realtà soprattutto per imbastire una di quelle sceneggiate propagandistiche, nelle quali è campione insuperato). Sarebbe un ulteriore slittamento dei tempi. Tra una cosa e l’altra al voto decisivo, quello dell’aula, si arriverebbe nella prima metà di ottobre. Solo che il Cavaliere è tentato da un colpo di tetro di tutt’altro stampo: accelerare invece che allungare i tempi. Sta considerando l’ipotesi di non far chiedere al Pdl la nomina di un nuovo relatore, puntando invece su un voto dell’aula a stretto giro, senza relazione della Giunta.
La drammatizzazione sarebbe massima e, con lo spettro della crisi immediata letteralmente dietro l’angolo, potrebbe incidere sull’unica possibilità reale del quasi decaduto che, al di là del fitto chiacchiericcio estivo, è proprio l’aula. Il voto segreto è di fatto scontato: basta che lo chiedano 20 senatori. Al riparo del segreto non è affatto certo che tutti i 20 senatori di Scelta civica votino per la decadenza, e non si può escludere neppure, dopo la bella prova offerta pochi mesi fa con l’impallinamento di Prodi, che qualche franco tiratore si conti anche nel Pd. Inoltre, a torto o a ragione, c’è chi teme agguati grillini, ricordando il precedente del voto del ’93 sull’autorizzazione a procedere contro Craxi, quando fu probabilmente proprio la Lega a votare contro l’autorizzazione per addossarne poi la responsabilità a socialisti e democristiani. Per quanto improbabile, la sorpresa nel voto segreto dell’aula è l’unica chance reale di Berlusconi.
Ma anche se tutto andasse invece secondo le previsioni, l’anticipazione del voto lascerebbe aperta una finestra per le elezioni immediate. Sempre che il condannatissimo le voglia davvero, e neppure questo è certo. Sino a poco tempo fa, il Letta-bis era un incubo. Ma negli ultimi giorni Berlusconi ha iniziato a pensare che un governo con maggioranza esigua, destinato a fallire per l’opposizione congiunta del Pdl e del M5S sul fronte della riforma elettorale, condannato a sobbarcarsi la responsabilità di misure economiche impopolari, di durata necessariamente breve, potrebbe essere un’occasione d’oro. «Ripercorrerebbe i passi disastrosi di del governo Monti», commenta un falco del Pdl. «Peccato – aggiunge – che il Pd non abboccherà mai».
Per ora sono solo ipotesi e suggestioni: decisioni il capo della rinata Forza Italia non ne ha prese. Solo di una cosa è ogni giorno più convinto: che alla sua eventuale decadenza debba seguire immediatamente quella del governo Letta. Poi, sarà quel che sarà.