Selex, azienda del gruppo Finmeccanica taglia ferocemente il personale. La dirigenza ha annunciato 2.529 esuberi, tra i lavoratori diretti e indiretti, con la chiusura di stabilimenti prevista sia in Italia che in Gran Bretagna. La Selex era finita al centro delle cronache un anno e mezzo fa, a fine 2011, quando Marina Grossi, moglie dell’ex presidente di Finmeccanica Pier Francesco Guarguaglini, aveva dovuto lasciare il suo ruolo di amministratore delegato perché travolta dalle inchieste.

Ora, non tanto perché sarebbe in punto di chiudere, ma semplicemente per riordinare i conti e aumentare i margini – denunciano i sindacati – l’azienda di tecnologie ed elettronica per la difesa e l’aeronautica ha annunciato un piano non solo di riorganizzazione interna ma anche di pesanti tagli al personale. I 2.529 «esuberati» includono quasi 600 lavoratori inglesi, mentre 1938 sono quelli da tagliare in Italia. «Il piano di ristrutturazione, presentato come piano industriale 2013-2014, prevede il taglio di 22 stabilimenti – spiega il segretario Fiom di Firenze, Daniele Calosi – per un totale di 1.938 esuberi in Italia. Mille di loro sono strutturali, sono tagli lineari. In più si accorpa la produzione: i prodotti Selex passeranno da 550 a 350». La Selex ha impianti a Firenze, Genova, nel Lazio.

Ieri i lavoratori hanno animato assemblee e cortei, con annessi scioperi, in tutti i siti dell’azienda: oltre 500 lavoratori della Selex Elsag, una delle tre sedi genovesi di Selex, al termine di un’assemblea convocata da Cgil, Cisl, Uil hanno manifestato per le vie di Sestri Ponente; a Firenze, i dipendenti si sono dati appuntamento davanti alla Selex Galileo: «Per ora non vogliamo parlare di licenziamenti: c’è tutta una trattativa da fare, bisogna entrare nel merito», dice Mirko Zacchei, Fim Cisl di Firenze e Prato.

«La Selex, per raggiungere gli obiettivi di crescita del portafoglio ordini, del fatturato, della redditività al 10%, della riduzione dei costi di struttura dal 5,2 al 3,8%, della riduzione del rapporto diretti/indiretti passando dall’attuale 75-25% al 70-30% deve intervenire oltre che sull’organizzazione del lavoro e sulla razionalizzazione dei costi anche sui livelli occupazionali – spiega Sabina Tagliavini, Fim Cisl Roma e Lazio –Per noi non è possibile attivare la cassa integrazione a zero ore, ma è necessario individuare strumenti solidali in grado di non penalizzare i lavoratori».

I sindacati chiedono un incontro all’azienda: è opportuno, a loro parere, inquadrare le scelte della Selex all’interno del contesto dell’intera Finmeccanica (che, va ricordato, è controllata con una quota del 30% dal ministero dell’Economia). Un gruppo che finora non ha fatto chiarezza sul proprio futuro, e che, a ondate ricorrenti, appare perennemente a rischio «spezzatino».