«Al senato c’è una partita cruciale, quella delle riforme, che non è affatto chiusa e va giocata. Lì si deve combattere». Il senatore Massimo Cervellini, uno dei sospettati di preparare le valigie da Sel annuncia la sua decisione in un’assemblea al popolare quartiere romano Primavalle: resta. Ma con l’intenzione di dare battaglia: perché «il gruppo dirigente non ha rispettato il mandato congressuale», perché «è poco collegiale», perché «bisogna aprire una consultazione dal basso, franca, se serve su mozioni diverse, sulla linea di Sel che deve contenere una cosa chiara una volta per tutte: nostro obiettivo è ricostruire il centrosinistra. Da subito, non dalle prossime regionali». Alla vigilia della direzione di Sel che domani affronterà il tema dei «fuoriusciti», in cui il gruppo dirigente mette «a disposizione il mandato», la porta di uscita dal partito non è ancora chiusa. Con la smentita di Cervellini e quella del pugliese Dario Stefano («Un errore abbandonare un progetto tutt’ora valido e che, anzi, va irrobustito», ha spiegato ieri) sembra accertato che al senato non avverranno manovre, almeno per ora.

Alla camera invece si aspettano ancora le dimissioni di almeno quattro deputati. Alcune, come quelle del veneto Alessandro Zan, già annunciate. Altre – probabili quelle di Martina Nardi, Nazareno Pilozzi, Miche Piras, meno probabili quelle di Stefano Quaranta, la marchigiana Laura Ricciatti ha deciso di rimanere – potrebbero arrivare dopo il ’chiarimento’ della direzione. Niente streaming, niente stampa, porte chiuse. «Come solitamente avviene», precisa una nota dell’ufficio stampa.

Ma la chiusura del capitolo ’fuoriuscite’ dipenderà anche dalla disponibilità del gruppo dirigente, da Vendola in giù, all’ascolto. E magari a mandare un segnale agli indecisi, cambiando qualche casella negli snodi nevralgici del partito.

Intanto ieri a Montecitorio il gruppo ha nominato un reggente pro tempore al posto del capogruppo Migliore. È Nicola Fratoianni, coordinatore del partito. Ma si tratta di una scelta a tempo, appunto, per «permettere gli adempimenti tecnici e regolamentari utili al prosieguo dell’attività parlamentare». Difficilmente verrà confermata dopo la discussione che investirà il partito. Una discussione che potrebbe essere ampia: circolano ipotesi di referendum interno, di richieste di congresso o comunque di coinvolgimento della «base».

 

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Intanto oggi si tiene la riunione congiunta fra senatori e deputati. Poi partirà la consultazione per il nuovo capogruppo della camera. Fra i nomi che circolano Ciccio Ferrara e Arturo Scotto: uno era per il sì al decreto Irpef, l’altro non ha votato nella conta del gruppo, entrambi nomi di «dialogo» interno.

Ma che serva una ripartenza, un rilancio chiaro e percepibile al di là dell’iniezione di orgoglio che in queste ore Vendola cerca di instillare nei suoi, è chiaro a tutti. Anche a chi, come Paolo Cento, presidente di Sel e graniticamente in maggioranza, definisce la piega che sta prendendo il dibattito interno «le solite stanche liturgie di una sinistra vecchia e sfiduciata. Serve uno shock. Lo sforzo generoso di Vendola ha colmato i nostri deficit ma non ha cambiato la natura della nostra proposta. Non siamo capaci di attrarre. Non abbiamo bisogno di un partito burocratico ma di circoli popolari radicati dentro la crisi sociale ed ecologica. Andiamo a vedere in Grecia o in Catalogna come si sono organizzate le forme di cooperazione solidale, dalle mense e dalle scuole popolari agli autoproduttori di energia rinnovabile». E ancora: «La sinistra che abbiamo frequentato in questi anni oggi è diventata per molti una parola indicibile. La stessa lista Tsipras non ha voluto citarla nel simbolo. L’ecologismo è il terreno di una nuova mobilitazione popolare. Allargare il campo significa anche rivolgerci agli ecologisti guardando all’Europa».

Altro che centrosinistra? E invece in queste ore Vendola ha avuto colloqui con alcune delle anime inquiete del Pd. Ieri Gianni Cuperlo, lanciando la sua ’sinistradem’, ennesima area interna della sinistra Pd, ha auspicato che il suo partito dialoghi «sia con Vendola e Sel sia con quella parte che ha deciso di fare una scelta diversa: il campo della sinistra deve essere un campo aperto». E lo stesso Vendola ha lanciato un appuntamento per la festa romana del suo partito, il 25 giugno: fra gli altri con Civati e con Maltese. E cioè con il Pd antirenziano ma anche con la lista Tsipras.