Gli ultimi li hanno sbarcati questa notte nel porto di Palermo: 1.200 migranti immediatamente presi in carico dalle associazioni che hanno fornito loro coperte, cibo e acqua. Prima di loro, nel pomeriggio, altri 110, soccorsi da una motovedetta maltese, sono stati fatti scendere a Pozzallo. Ma per tutto il fine settimana c’è stata una lunga, interminabile serie di arrivi. Il conteggio finale parla di 5.639 uomini, donne e bambini arrivati sulle nostre coste da venerdì a domenica sera, aiutati dalle condizioni favorevoli del mare. Stando all’Oim, l’Organizzazione internazionale per le migrazioni, dall’inizio dell’anno a domenica sera sono oltre 15 mila le persone arrivate nel nostro paese, circa un migliaio in più rispetto alle stesso periodo dell’anno scorso. E in queste ultime ore non è mancata purtroppo neanche l’ennesima tragedia, con un barcone che si è rovesciato quando si trovava a 80 miglia dalle coste libiche: 9 i migranti morti, 144 quelli tratti in salvo. Una dramma che – spiega l’Unhcr – fa salire il numero delle persone che hanno perso la vita nel Mediterraneo dall’inizio dell’anno a oltre 500, «trenta volte in più rispetto allo stesso periodo del 2014», denuncia l’Onu.
La pressione degli sbarchi è tale da spingere il Viminale a inviare una circolare ai prefetti perché si attivino nella ricerca di nuovi posti in cui ospitare i profughi. Il sistema di accoglienza è infatti allo stremo: al momento sono 70 mila (tra le quali 13 mila minori non accompagnati) le persone accolte e assistite nelle strutture che fanno parte della Sprar, il sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati, ma i continui arrivi rendono necessario reperire nuovi posti letto e soprattutto sensibilizzare i Comuni, molti dei quali preferiscono ignorare il problema. «Lo Sprar è il nostro punto di forza, ma riguarda solo 500 comuni su 8.092», ha spiegato qualche giorno fa il prefetto Mario Morcone, capo del Dipartimento Libertà civili e immigrazione del ministero degli Interni. Stesso problema per quanto riguarda la distribuzione nel territorio dei richiedenti asilo, il 50% dei quali è concentrato nelle cinque regioni del Sud. Le maggiori resistenze ad ospitare nuovi arrivi provengono invece da Lombardia e Veneto, regione quest’ultima dove l’immigrazione è uno dei temi portanti della campagna elettorale per le prossime elezioni. E infatti ieri Matteo Salvini non ha perso l’occasione per attaccare il governo: «Non capiscono come facciano Renzi, Alfano e Boldrini a dormire sonni tranquilli», ha detto a radio Padania il leader della Lega. «Non capiscono che più ne partono e più ne muoiono?».
In tutto questo l’Ue sembra essere incapace di reagire. Dopo ogni tragedia da Bruxelles arrivano puntuali solenni promesse – finora non mantenute – di una maggior impegno nelle operazioni di salvataggio e di accoglienza nei vari stati membri. Gli ultimi impegni, del tutto vaghi, riguardano la possibilità di aprire campi profughi in Egitto, Niger e Tunisia dove esaminare le richieste di asilo per poi trasferire in Europa i migranti. Un’ipotesi non priva di rischi, visto che i campi potrebbero trasformarsi in contenitori dove trattenere i migranti per mesi, ma che a tutt’oggi è ancora sulla carta. «Non possiamo più agire dal soli», si è lamentata ieri la rappresentante per la politica estera dell’Unione Federica Mogherini parlando da Barcellona, dove si trova per un vertice Ue- sponda sud del Mediterraneo. Sul tavolo c’è la questione dei rifugiati, ma anche la lotta al terrorismo e la crisi libica, problemi per fronteggiare i quali la Mogherini chiede che l’Ue «riveda la propria politica di vicinato».
In realtà la cosa più urgente da fare sarebbe rimettere in sesto un’operazione come Mare nostrum. Oggi la gran parte dei salvataggi si deve allo sforzo messo in atto dalla Guardia costiera, aiutata dai mezzi della Marina militare e dalle navi civili, ma è chiaro che si tratta di un apparato che rischia di essere insufficiente. Non a caso Unhcr, Oim, Consiglio italiano dei rifgiati e Arci chiedono all’Ue di superare la missione europea Triton ripristinando un sistema di salvataggio adeguato alle necessità. E nel frattempo c’è chi si organizza da solo. Come Medici senza frontiere che ha annunciato la partenza da maggio di una propria missione, in collaborazione con Moas, di ricerca, salvataggio e assistenza sanitaria dei migranti nel Mediterraneo.